Voto: 
7.6 / 10
Autore: 
Paolo Bellipanni
Genere: 
Etichetta: 
Warp Records
Anno: 
2007
Line-Up: 

- Gravenhurst - Tutte le musiche

Tracklist: 

1. Saints
2. She Dances
3. Hollow Men
4. Song Among The Pine
5. Trust
6. The Western Lands
7. Farewell, Farewell
8. Hourglass
9. Grand Union Canal
10. The Collector

Gravenhurst

The Western Lands

Il nome Nick Talbot non dirà niente a nessuna persona che lo sentirà nominare, Gravenhurst probabilmente si, dato che si tratta del suo progetto musicale che oramai da quasi dieci anni vizia le orecchie di noi ascoltatori con le eteree atmosfere del suo folk elettrico, con i suoi passaggi soffusi e le sue delicate scariche melodiche. Fires In Distant Buildings e i dischi precedenti ci avevano abituato ad una musica molto elegante, in prevalenza acustica, mai sbilanciata e sempre capace di emozionare; l'ultimo The Western Lands prosegue su questa scia, presentandosi come un lavoro non eccellente ma estremamente preciso e denso di contenuti. A tessere i fili conduttori dell'opera non ci sono più le rarefatte atmosfere acustiche in quanto Talbot ne sperimenta una nuova impostazione, rendendo più fitte le legature tra i sognanti sentieri shoegaze e i fraseggi tipicamente post rock che dominano gli schemi melodici dell'intero disco, dimostrandosi come un genere che Talbot ha saputo raccogliere ed esprimere in maniera del tutto personale.

The Western Lands è, come già detto, ricchissimo di particolari; basti sfogliare la tracklist del disco e tirare fuori a caso una canzone come Song Among The Pine, tanto semplice quanto emozionante, per capire di che pasta è fatto The Western Lands. Sospeso continuamente tra raffinati giochi electro-folk e fumose elevazioni sonore, il disco è un concetrato di emozioni e di atmosfere disparate, un'assenza di gravità che ci porta tra splendide aperture melodiche e uno spleen tipicamente decadente. Stesso discorso vale per l'assetto stilistico scelto da Talbot: dal trascinante shoegaze di Hollow Man (brano che sapientemente ricalca le intuizioni di Ride e My Bloody Valentine) e l'onirismo di Farewell, Farewell (rivisitazione del capolavoro dei Fairport Convention) fino alle più dilatate atmosfere rock di Grand Union Canal, The Western Lands emoziona ad ogni suo singolo rintocco, sebbene non sempre sugli stessi livelli qualitativi (Hourglass e The Collector). Ma laddove qualcuno potrebbe incominciare a storcere il naso in una smorfia di timida disapprovazione, ecco piombare dal cielo i due capolavori del disco: dapprima l'atmosfera più "dark" e criptica di She Dances - splendidamente decorata da arrangiamenti mai fuori posto - poi l'omonima The Western Lands e i suoi toni sognanti e malinconici, commovente accompagnamento per i nostri momenti più strazianti. Mediante un perpetuo oscillare tra la freschezza espressiva e il decadente mood sotterraneo di Talbot, il disco risulta essere estremamente godibile e affascinante, un ascolto non impegnativo ma soave, toccante, preciso.

The Western Lands si conclude così, con la naturalezza del risveglio mattutino dopo i sogni notturni, o come quando ci si stende sui tetti delle case a guardare le stelle: è tutto una piccola meraviglia colorata di quotidiano, di semplicità e della bellezza che contraddistingue le piccole cose. Nulla è difficile o di complessa assimilazione, bensì è tutto legato con un filo di seta al cancello delle emozioni che Talbot ci apre in continuazione presentandoci il suo universo interiore. The Western Lands non tradisce le aspettative, proseguendo sulla scia dei precedenti album che hanno silenziosamente consacrato Talbot come una delle più interessanti personalità della musica contemporanea, un compositore umile ma dalle grandi doti e dalle numerose idee che, anche in questo caso, sono state espresse con una sincerità immediata, da premiare a tutti i costi.

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