- Russ Rankin - voce
- Luke Pabich - chitarra
- Chuck Platt - basso
- Sean Sellers - batteria
1. Intro (02:02)
2. Heresy, Hypocrisy, And Revenge (02:21)
3. Made To Be Broken (02:03)
4. More Depalma, Less Fellini (02:35)
5. Weight Of The World (01:42)
6. Flies First Class (02:48)
7. Think Of Me (02:08)
8. Yesterday's Headlines (02:30)
9. Without Anger (02:43)
10. Out Of Mind (02:24)
11. Salt (02:21)
12. A Credit To His Gender (03:00)
13. United Cigar (02:47)
14. 21 Guns (01:59)
15. Last Believer (04:22)
16. Fertile Fields (02:13)
17. Darkest Days (02:49)
18. One For The Braves (02:32)
19. Shadows Of Defeat (01:58)
20. All Fall Down (03:24)
21. Letters Home (02:24)
22. Indoctrination (02:07)
23. Not So Bad (02:26)
24. 30 Day Wonder (01:46)
25. Steps (02:19)
26. Shit-Talking Capitalists (01:47)
27. Libertine (03:22)
28. Pisces/Almost Home (02:47)
29. Winning The Hearts And Minds (01:57)
30. Mother Superior (03:26)
31. Waste (03:02)
Remain In Memory - The Final Show
E’ il 1986 e siamo nella soleggiata California, in una piccola cittadina chiamata Santa Cruz. Russ Rankin, Luke Pabich, Chuck Platt e Sean Sellers sono quattro amici di lunga data, che un giorno decidono di mettere assieme le proprie forze per formare una band: nascono i Good Riddance. Passano gli anni ed il gruppo si fa apprezzare per la propria carica incredibile, divenendo successivamente una delle realtà più longeve e convincenti all’interno del panorama Hardcore statunitense. Fra album e tour mondiali arriviamo all’aprile 2007, quando il gruppo californiano annuncia al mondo il proprio scioglimento. Dietro alla decisione, almeno ufficialmente, non ci sono litigi o spaccature interne, ma soltanto la volontà di dedicare più tempo a sé ed alle rispettive famiglie. Da grande live band, comunque, i Good Riddance scelgono di porre fine alla propria carriera con tre concerti d’addio, l’ultimo dei quali organizzato nella cittadina di Santa Cruz, la stessa che oltre vent’anni prima aveva visto nascere questo grande complesso. Come da tradizione, dall’ultimo live show prende vita un nuovo album dal vivo, intitolato, stavolta, Remain In Memory - The Final Show.
L’artwork di Remain In Memory - The Final Show è ben curato e ricco di dettagli. Anche i semplici appassionati di Hardcore proveranno un pizzico di nostalgia osservando le molte fotografie contenute all’interno del booklet. Testimonianze di tempi andati per sempre, di una mentalità che purtroppo oggi non esiste più. E i Good Riddance rappresentavano esattamente quel genere di attitudine, la volontà di suonare per trasmettere al pubblico un messaggio. Il fatto che il gruppo californiano abbia deciso di chiudere i battenti non può non far riflettere sull’attuale scena musicale, specie quella legata al mondo Hardcore. I ritmi e le melodie Oldschool hanno lasciato posto ai breakdown metallici, l’attitudine tipicamente “do it yourself” è scomparsa davanti a contratti sempre più milionari. E’ una scena che cambia, e con essa mutano anche i gusti del pubblico.
L’album porta la firma della Fat Wreck Chords, a cui i Good Riddance erano legati fin dal 1995. La setlist non può non risentirne ed è per questo motivo che nel corso della serata vengono proposti brani risalenti al periodo compreso fra il 1995 ed il 2007. Le coordinate stilistiche del gruppo californiano si rifanno alla tradizione Oldschool, con molti richiami all’orecchiabilità tipica dello Skate Punk. I ritmi sono incessanti e le chitarre pungenti, ma al centro della scena vi è sempre il frontman del complesso, il carismatico Russ Rankin. Remain In Memory - The Final Show contiene la bellezza di trenta canzoni (più il pezzo introduttivo), per un totale di quasi un’ora e dieci di buona musica. Purtroppo il suono non è pulitissimo, tuttavia non si tratta di una mancanza, bensì di una scelta adoperata dalla band al fine di ricreare, per quanto possibile, un’atmosfera da vero live show. Proprio a causa della produzione, però, chi non conosce i Good Riddance faticherà ad apprezzarne le qualità, mentre chi è già fan dei quattro californiani non resterà comunque deluso.
E’ sempre un grande dispiacere assistere allo scioglimento di una band, specie se il combo in questione ha contribuito allo sviluppo ed al consolidamento di una qualche corrente musicale. Dieci anni fa l’Hardcore melodico spopolava ed i Good Riddance erano, meritatamente, sulla bocca di tutti. Oggi è il Metalcore a sbancare i botteghini, e per un gruppo coerente e fedele alla tradizione come i Good Riddance, purtroppo, non c’è più spazio.