Obaro Ejimiwe - vocals, synth
Etta Bond - vocals
Melanie De Blasio - vocals
Lucy Rose - vocals
Nadine Shah - vocals
Ross Stanley - organ
Joe Newman - guitars
John Calvert - bass, piano, synth
John Blease - drums
Miles Brett - strings
Rob Lewis - strings
Una Palliser - strings
Henry Salmon - strings
Off Peak Dreams | |
X Marks The Spot | |
Be Right Back, Moving House | |
Shedding Skin | |
Yes, I Helped You Pack | |
That Ring Down The Drain Kind Of Feeling | |
Sorry My Love, It's You Not Me | |
Better Not Butter | |
The Pleasure In Pleather | |
Nothing In The Way |
Shedding Skin
La black music contemporanea ha deciso di voltarsi indietro, ma se il neo-soul poco 'neo' di Curtis Harding o la svolta funk di Snoop Dogg riaccasatosi con Pharrell Williams rappresentano degli esempi sotto gli occhi di tutti, più spiazzante è il caso Ghostpoet che mettendo in secondo piano l'elettronica e potenziando il fattore 'groove', dimostra che l'universo black ha radici comuni.
Il flow àtono di Ghostpoet è comunque sempre molto intrigante ma le strade umide e gli ambienti fumosi della sua Londra ora rifulgono di strani luccichii, come quelli che sottendono e trasportano in ambientazioni post-errebì come in Be Right Back, Moving House o verso il grime liturgico di The Ring Down The Drain Kind Of Feeling che riporta alle cupe atmosfere bowiane di Outside.
Punti di contatto con il precedente Some Say I So I Say Light ovviamente ve ne sono, con quel talking da cui è difficile staccarsi non potrebbe essere diversamente, ma la groovey Off Peak Dreams sporca di trip-hop, Sorry My Love, It's You Not Me con il basso alla Joy Division, Better Not Butter e The Pleasure in Pleather da chitarra elettrica tutta in avanti animate o la X Mark The Spot, wave quanto possono esserlo gli Editors o gli Interpol, cambiano un po' la prospettiva.
I tessuti caldi e organici del rock e del trip-hop finemente intrecciati che rivestono Shedding Skin non possono essere però sufficienti per accusare Obaro Ejimiwe di essere un nostalgico perchè l'atteggiamento con cui ha deciso di affrontarli, il modo originale e sempre molto legato al suo mondo notturno, urbano, impedisce giudizi definitivi e draconiani.
Le invasioni di campo, si sa, son molto facili su certi terreni di gioco ma se per voi Ghostpoet non è un Gonjasufi qualunque allora aspettatelo al varco – quello si difficilissimo – del prossimo disco se ci sarà e intanto comprendete l'importanza di questo momento, declino di un bass sound UK che forse già non è più.