:
- Drew Simollardes - voce
- Greg Sullivan - chitarra, voce
- Tim Munroe - basso
- Jeff Lawn - batteria
:
1. Head Hearse
2. Lonely Road
3. Bullet
4. Devil Dance
5. Curtain Call
6. Lavation
7. Ring in the Dead
8. Dying Today
9. SlowlyFallingFaster
10. Long Way Home
11. Nihilist
The Shadow Side
I Reveille sono stati in assoluto una delle band meno conosciute e apprezzate dell’intero panorama nu metal di inizio millennio: il loro rapcore acido e martellante non ha avuto infatti alcuna chance di sopravvivenza al confronto con altre formazioni che proponevano la medesima soluzione compositiva ma in maniera decisamente più appetibile e catchy, vale a dire Limp Bizkit e Payable On Death. La conseguenza inevitabile di questa sconfitta commerciale e mediatica, piuttosto che qualitativa, è stata la loro prematura scomparsa dalla scena musicale internazionale, lasciandoci come cimeli l’omonimo demo del 1998, il debut album Laced (2001) e soprattutto il loro più noto full-length Bleed The Sky (2001). Ebbene, è proprio danne ceneri dei Reveille che nascono, nel 2005, i Genuflect: stesso stile, stessa rabbia, stesso cantante, ovvero Drew Simollardes, e stesso chitarrista, quel Greg Sullivan che già precedentemente allo scioglimento ufficiale della band (datato 2003) aveva annunciato la sua dipartita a causa di insanabili divergenze creative.
La domanda che occorre porsi prima di mettersi all’ascolto di The Shadow Side, seguito di quel The End Of The World che aveva annunciato la nascita della band, è questa: ha ancora senso, nel 2009, proporre una forma di rapcore praticamente inalterato rispetto a quanto già sentito più di un lustro fa? Per dare una risposta sensata è forse sufficiente considerare un momento il destino dei contemporanei Limp Bizkit e P.O.D.: la band di Fred Durst ha finito per esaurire completamente le idee e solo dopo 4 anni di silenzio e l’acclamato ritorno del chitarrista Wes Borland ha annunciato una reunion ancora tutta da scoprire; allo stesso tempo, il gruppo di Sonny Sandoval è andato incontro ad un’evoluzione sonora che, abbandonati i lidi più propriamente metal, l’ha fatto approdare ad una sorte di alternative rock latineggiante piuttosto elementare. Ora, è chiaro che con un contesto storico così avverso, ci sarebbe da aspettarsi qualcosa di veramente dinamico, coinvolgente, esplosivo: al contrario, The Shadow Side si presenta come un manifesto rapcore piuttosto convenzionale e canonico, dove a farla da padrone sono consuete ritmiche saltellanti, riffs essenziali e appropriatamente distorti, vocalità stridenti e di quando in quando fortunatamente pulite. E’ chiaro che, se da un lato si deve comunque apprezzare il coraggio e la coerenza intellettuale di una band che, figlia di un movimento musicale oramai obsoleto, si ostina a proporre la propria musica, secondo la via che più ritiene consona ai propri gusti ed alle proprie inclinazioni, dall’altro lato non si può negare che sarebbe stato necessario intraprendere scelte stilistiche che offrissero una maggiore varietà stilistica e soprattutto un coinvolgimento ben superiore, apprendendo quantomeno la lezione precedentemente subita dalle realtà precedentemente citate. Momenti positivi certamente non mancano (Head Horse e Ring In The Dead su tutte, ma anche Lonely Road, Lavation, Long Way Home, Nihilist e quella specie di intermezzo di Slowlyfallingfaster, tutte stranamente concentrate nella parte conclusiva dell’album), tuttavia, tranne che per qualche passaggio interessante e qualche strofa dal ritmo piuttosto incalzante e piacevole (Lavation e soprattutto Long Way Home, con quei loro riffs minimal ma trascinanti), rimane la sensazione di un lavoro piuttosto scontato e tendenzialmente piatto: sarebbe stato il caso di inserire qualche chorus maggiormente catchy, magari cantabile e facilmente memorizzabile (sulla scia della già citata Ring In The Dead e, in parte, Long Way Home); sarebbero state gradite ulteriori forme di crossover che offrissero una miscela più imprevedibile e variegata, maggiormente caratteristica e soprattutto più brillante e coinvolgente.
Lungi da noi sospettare che si tratti di un lavoro approssimativo, tantomeno che si possa classificare come il classico compitino ben svolto ma senza alcuno spunto degno di particolare nota, The Shadow Side rappresenta un lavoro orgoglioso e integerrimo ad opera di veri e propri veterani del rapcore, che ancora hanno voglia di affermare la propria individualità e soprattutto dimostrare che il proprio genere preferito non è morto. Peccato che avrebbero potuto farlo decisamente meglio.
Giudizio finale, 6+ : poco più di un lustro fa quest'album avrebbe fatto letteralmente sfracelli, ma non è per questo anacronismo che va giudicato male; genuinità e passione non mancano infatti ad una band che, nonostante le burrasche, dimostra di avere ancora ben salda la rotta. Premio Coraggio 2009.