Voto: 
6.4 / 10
Autore: 
Gioele Nasi
Genere: 
Etichetta: 
Prophecy - Auerbach Tonträger
Anno: 
2006
Line-Up: 

Eric Roger

Tracklist: 

1. Introit
2. Dies Irae
3. Lacrymosa
4. Improvisa Letivis Rapuit, Rapietque Gentes
5. Choral I
6. March Au Tombeau
7. Choral II
8. Hymne
9. Choral III
10. La Flamme S’Eteint, Une Vie Renait
11. Di Me Tuentur, Dis Musa Cordi Est
12. Totentanz
13. Agnus Dei
14. Pandemonium

Gae Bolg

Requiem

I Gae Bolg (o Gaë Bolg, o, su alcune vecchie registrazioni, anche ‘Gae Bolg and The Church of Fand’) sono uno dei progetti del musicista francese Eric Roger, personaggio piuttosto attivo che ha collaborato con i (suoi) Seven Pines, con L’Orchestre Noir e con gli Skald; la maggior parte dei lettori, però, lo ricorderà forse per le sue partecipazioni, in qualità di trombettista, su alcuni lavori degli storici Sol Invictus, tra cui l’ultimo, ottimo, “The Devil’s Steed”, uno dei dischi del 2005 che più ho apprezzato.

Ma torniamo ai Gae Bolg: il gruppo viene dalla pubblicazione, nel 2005, di Aucassin et Nicolette, un lavoro basato su una storia francese del 1200: un lavoro discreto, con parti davvero interessanti alternate ad altre decisamente meno indovinate.
Questo nuovo Requiem, invece, è un lavoro molto più personale, per Eric Roger, un lavoro che ha voluto dedicare agli amici e ai parenti scomparsi negli ultimi anni, e quindi forse un po’ più “sentito” del precedente.

Caratteristica principale del suono della band è la fortissima propensione alla pomposità, alla grandiosità e all’imponenza delle proprie composizioni: peculiarità che viene parzialmente ridotta in questo Requiem, grazie all’ampliamento delle situazioni più calme e distese che già avevamo assaggiato in ridotti tratti del precedente lavoro.
Quello che si nota di più, su questo disco, è una maggiore propensione al sacrale e a sonorità che si accordano a una messa, a un funerale di qualche secolo fa, che evocano il ritrovarsi in una cattedrale immensa, in cui il rimbombo dei cori echeggia forte e maestoso, e a tratti il disco si fa davvero commovente; vengono invece ridotte le parti in cui il folk medievale faceva la parte del leone, come accadeva in episodi quali Chanson o Danse sul disco precedente; per fare un esempio a chi possiede quel lavoro, il brano di Aucassin at Nicolette che più si avvicina a questo nuovo disco potrebbe essere Invocation II.

Quattordici tracce, la cui durata media s’aggira poco oltre i tre minuti, compongono la nuova fatica del francese, ma il disco entra nella sua parte migliore a partire dalla quarta canzone, e, pur con qualche caduta di stile qua e là, si mantiene su un buon livello fino alla fine.

Eric Roger, con i suoi fiati, si fa notare con particolare piacere nell’ottava Hymne, in cui lo stile maestoso del gruppo mostra le sue potenzialità con un bel duetto fra le trombe e i cori in francese.
Altri momenti particolari (e particolarmente azzeccati) sono quelli dei vari Requiem (I, II e III), gestiti sapientemente da organi e cori; composizioni che paiono uscire da un rito sacro di qualche secolo fa, e spezzano un po’ l’atmosfera asfissiante che spesso si respira durante il disco, come accade nella terza traccia Lacrymosa, molto rarefatta inizialmente ma successivamente costruita su un motivo un po’ troppo ossessivo per essere apprezzabile al 100%.

Totentanz prova a riscoprire momenti più vivaci, ma risulta un po’ fuori luogo, il contrasto tra i flauti delle strofe e le trombe del ritornello non è male, ma purtroppo la voce in francese in questo brano da il peggio di sé, rovinando il risultato generale. Decisamente meglio la penultima Agnus Dei, forse il pezzo che preferisco di questa release, dalle armonie ben composte e mai ossessionanti, aperta da arpeggi acustici prima di essere nuovamente investita dalla potenza del coro, scelta vocale decisamente migliore rispetto all’orrida voce solista udita poco fa.

Ammetto che la proposta pomposa, neoclassica e ricchissima di maestosità dei Gae Bolg non mi ha mai convinto più di tanto, dato che solitamente preferisco uno stile più minimale e dimesso, e soluzioni meno appariscenti; tuttavia, il disco è ben congegnato e soddisferà sicuramente i fan della band. Sotto certi aspetti (anche se non sempre, purtroppo) migliora sensibilmente rispetto al precedente Aucassin et Nicolette (eliminazione dei momenti più fastidiosi e forzati), ma mantiene comunque un’alta difficoltà d’apprezzamento per chi non segue assiduamente e con piacere la proposta di Roger.
Solo per gli aficionados del genere.

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