Voto: 
8.0 / 10
Autore: 
Filippo Morini
Etichetta: 
Massive Arts Records
Anno: 
2008
Line-Up: 

- Andrea Volontè - voce, chitarra
- Paco Vecelloni - voce, basso
- Antonio “Tato” Vastola - batteria

Tracklist: 


1. La Nobile Arte
2. Di Getto
3. Tiepido
4. Amico Di Plastica
5. Calodis E Rotonina
6. Non So Perché
7. Cresico memé
8. Le Cicatrici
9. (Uachi) La Merendina
10. Riccardo
11. Signora Non Insista
12. L’Inesatto Perché

Fratelli Calafuria

Senza Titolo

Stupisce sapere che questo sia il primo album dei Fratelli Calafuria, trio milanese attivo da diversi anni nel circuito underground italiano, che dopo aver collezionato una lunga serie di date live ed aver sfornato due pubblicazioni autoprodotte, giunge alla prima prova sulla lunga distanza.
Stupisce perché la maturità del loro sound condita con una personalità che emerge sgomitando da ogni ritornello, si incastra tanto perfettamente ed inaspettatamente con un rock post-punk al vetriolo pregno di luccicanti melodie pop da lasciare perplessi riguardo alla straordinaria facilità ed efficacia con cui questo avviene.
Chitarre ingrossate da distorsioni “americane” sono perennemente in primo piano costruendo melodie originali ma non eccessivamente bizzarre, concedendo spiragli generosi alle più svariate influenze che vanno dal post-hardcore al funky danzereccio passando per luccicanti armonie teen pop, il tutto frullato e manipolato dalla prepotente personalità dei nostri tre, la cui ciliegina sulla torta è rappresentata dal non-sense dei testi rigorosamente in italiano, costellati di giochi di parole, storpiature, onomatopee e semplici versi.

Il contrasto che si viene a creare tra la durezza della musica suonata ed i numerosi intermezzi di tutt’altro (non)genere, crea nel complesso un prodotto di assoluto rispetto, di grande impatto strumentale e tecnico grazie all’ottima produzione e ai suoni corposi e puliti, ma anche di grande impatto emotivo, qualità che si traduce nelle valide melodie e nella convinzione con la quale vengono suonate e cantate.
La sfrontata ironia che pervade ogni singola traccia dell’album li pone a metà strada tra il gruppo da festa alcolica liceale e la band underground che cela argomenti difficili e/o ricercati dietro ad un linguaggio da bambino creativo che si mette a giocare con le parole appena imparate.
Oltretutto il non raro uso del falsetto e di modulazioni vocali da cartone animato accentuano ulteriormente un approccio alla forma canzone che sembra fare di tutto fuorché prendersi sul serio. Non bisogna tuttavia farsi ingannare dai testi parodistici e fintamente scanzonati: questa band esprime soprattutto musicalmente le proprie qualità, allontanandosi immediatamente dal genere a cui vi sembrano avvicinarsi maggiormente non appena pensate di essere finalmente riusciti ad etichettarli.

L’hard rock, il post punk, una punta di hard core e di indie pop conditi con belle melodie si ritrovano senza troppa difficoltà in ogni singolo brano, dall’attacco sincopato di La Nobile Arte che si traduce in un liberatorio ritornello alla stregua del pop-punk, passando per la frenesia schizoide che attraversa Amico Di Plastica, sporcizia garage rock che si appiccica ad una melodia che sembra non riuscire a mantenere la stessa forma per più di una manciata di secondi, per arrivare all’ossessività monoaccordo di Cresico Meme (italianizzazione e taglia/cuci finito volutamente male di Crazy Come Me) che sfocia in un tempo valzer per rigettarsi in un riff nu-metal.
Ma non è finita qui perché tutto il disco sembra tenere in serbo diverse sorprese per l’ascoltatore più paziente, come quel funky travestito da indie pop “made in U.S.A.” che sembra preso pari pari da un pezzo degli Ok Go! E che i Nostri ci schiaffano nelle orecchie in Non So Perché, prima di concedersi un ritornello che definire “radiofonico da far schifo”(in senso buono, ovviamente) sarebbe un eufemismo.Oppure quelle melodie vocali da canzone dell’oratorio suonata con chitarre elettriche sovradistorte che rendono un pezzo come Le Cicatrici un intermezzo carnevalesco che sembra stato scritto e soprattutto cantato con l’aiuto di qualche sigaretta simpatica. O ancora quel corposo college rock di Riccardo, che arriva a trasformarsi in un pezzo alla “Foo Fighters prima maniera” abbandonando per un po’ la pesantezza rancida dei precedenti brani per ossigenare il tutto con suoni più accessibili e melodie più catchy e morbide.

Insomma il ventaglio musicale proposto dai Fratelli Calafuria risulta essere molto più ampio di ciò che può apparire dopo i primi due o tre pezzi.
E questo occorre ricordarlo per l’ennesima volta perché effettivamente potrebbero essere scambiati per una versione più marcia dei sempre italiani The Styles, e sarebbe veramente un peccato perché a mio modesto parere questi ultimi vengono superati di diverse lunghezze dai Fratelli qui presenti.
Non si può dire che sia una musica adatta a tutti, ma la componente melodica che annacqua leggermente le grezze chitarre e le fucilate di rullante e tamburi si fa comunque sentire, riuscendo paradossalmente ad irrobustire ed arricchire di nuove qualità le già compatte e personali composizioni della band.
Un ottimo lavoro per essere “solo” un debutto, assolutamente da ascoltare.

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