- Andreas Ritter - Voce, Chitarra, Percussioni, Fisarmonica, Melodica
Guests:
- Thomas Hansmann: Violoncello, Chitarre, Contrabbasso, Melodica, Voce
- Daniela Metzler: Flauto Traverso
- Sabine Frost: Voce in "Korn"
- Melanie Köhler: Voce in "Lichterflug" e "Schmerzen"
- Sebastian Luck: Fisarmonica in "Lichterflug"
- Jörg Weniger: Violino
- Ian Read : Voce in "Empfindsamkeit"
- B’eirth: Cetra in "Dunkelheit"
- Kim Larsen: Voce e Chitarra in "Sterne"
- Uwe Nolte: Voce in "Müder Wanderer"
- Andriy Kulinich: Coro in "Das Abendland"
1. Korn
2. Eismahd
3. Lichterflug
4. Empfindsamkeit
5. Erdennacht
6. Dunkelheit
7. Sterne
8. Der Graue König
9. Schmerzen
10. Müder Wanderer
11. Das Abendland
Erde
Forseti, il dio della giustizia e della verità per i popoli del nord Europa, presta il proprio nome a uno dei più acclamati acts Neofolk degli ultimi anni, un progetto che ha saputo guadagnarsi la giusta fama grazie a una serie di ottime produzioni e importanti collaborazioni.
Il creatore di tutto ciò è il musicista tedesco Andreas Ritter, noto anche per aver suonato la fisarmonica su “All Pigs Must Die” dei seminali padri Death in June, e che in questo suo progetto personale si avvale dell’accompagnamento di un ricco stuolo di guests più o meno prestigiosi: se al primo cd partecipava proprio Douglas P. della “Morte in Giugno”, su questo “Erde” troviamo invece un altro nome eccellente (e storico) quale Ian Read dei Fire & Ice, oltre a Uwe Nolte degli Orplid e Kim Larsen degli Of the Wand and the Moon, e vari altri ospiti.
Ospiti che talvolta partecipano anche con pezzi propri o contributi lirici, ma fondamentalmente è comunque dalla mente di Ritter che nasce Forseti e la sua musica; una musica che con l’EP in vinile Jenzig e successivamente con il meraviglioso CD di debutto “Windzeit” si è conquistata un nutrito stuolo di appassionati in giro per l’Europa. “Erde”, la Terra, nel 2004 arriva per dare una conferma di quanto di buono fatto vedere nei lavori passati. E oltre alla conferma, con Erde giunge sia il miglioramento che la consacrazione definitiva, quale uno dei più ispirati campioni del neofolk teutonico.
I Forseti basano la propria proposta sulle chitarre acustiche, nella migliore tradizione di Fire & Ice, Sol Invictus e Death in June, ma aumentano lo spessore folkloristico delle composizioni con l’aggiunta di strumenti ad arco (contrabbassi, violini e violoncelli), flauti, fisarmoniche, e una grande duttilità vocale, grazie ai vari ospiti, che si esibiscono come vocalists su varie tracce: una delle novità in questo campo è data dall’apporto, in 3 tracce, della voce femminile. L’ispirato canto di Ritter, inoltre, riesce a non rendere spigoloso l’utilizzo della lingua madre, che anzi si dimostra spesso armoniosa e adattissima alla musica malinconica del gruppo.
La longevità di Erde è garantita dalla grande qualità degli undici pezzi, tutti molto meglio strutturati rispetto al passato e tutti molto vari, per quanto si possa esserlo pur rimanendo fra le barriere del proprio genere; non c’è la sperimentazione che caratterizza ad esempio gli Orplid nel recentissimo, ottimo, “Sterbender Satyr”; ma non c’è nemmeno la staticità ipnotica e ripetitiva in stile “:Emptiness:Emptiness:Emptiness:” degli Of the Wand and the Moon – i Forseti trovano un buon compromesso, dunque, che ha nel proprio equilibrio il punto di forza.
La parte inziale del disco è abbastanza solare e l’approccio ad “Erde” è morbidissimo grazie al suono corposo del violino che apre “Korn”, un violino presto riposto dietro le quinte mentre il centro della scena viene saldamente preso dal duetto vocale fra Andreas e Sabine Frost, che s’incalzano seguendo le stesse melodie. Il violino e il violoncello si prendono la loro “rivincita” nel finale stupendo, nel quale possono ammaliare gli ascoltatori con il loro suono.
La voce femminile sulla terza “Lichterflug” è invece di Melanie Köhler, una voce più soave e delicata di quella udita in precedenza, che ben si amalgama a quella di Ritter, per dare vita a un pezzo che ha il sapore della tradizione, semplice nelle linee ritmiche ma toccante nelle parti solistiche degli strumenti a fiato e ad arco.
In scaletta (oltre alla cover di “Eismahd” di Sonne Hagal in seconda posizione) troviamo poi “Empfindsamkeit”, la delicatezza, in cui la voce matura di Ian Read (dei grandissimi Fire + Ice) ci avvolge, appoggiandosi sapientemente agli arpeggi delle chitarre, creando come un duetto fra le corde vocali di Ian e le sei metalliche corde di Andreas e Thomas Hansmann. Ad un minuto esatto dalla fine osserviamo un accentuarsi della velocità, con la melodica e la fisarmonica a prendersi l’onere (e l’onore) di farsi protagonisti.
Il trio seguente, vale a dire la sequenza “Erdennacht” – “Dunkelheit” – “Sterne”, sposta i toni sulla notte e l’oscurità; ai campi di grano e le foreste luminose d’inizio disco si sostituiscono il cielo stellato e paesaggi solitari al chiaro di luna, il cui principale artefice è la tristezza espressa da violini e violoncelli.
Dopo l’inizio ostinato del violoncello su “Erdennacht”, che inizia appunto a mostrare una più profonda inquietudine, si segnalano sia l’epica “Dunkelheit”, il brano più lungo del lavoro, con B’eirth degli In Gowan Ring a dare un tocco di particolare malinconia in più con la sua cetra; sia “Sterne”, in cui troviamo alla voce e alla chitarra Kim Larsen, mente degli Of the Wand and the Moon. Un brano, questo, in cui la voce calma di Kim riceve il massimo dell’amplificazione mentre un violino solitario suona senza disturbare, affossato in secondo piano, e le onnipresenti chitarre acustiche accompagnano, instancabili, il lento evolversi del brano.
La fisarmonica ritorna a farsi sentire all’inizio di “Der Graue König”, caratterizzata dal ritmo sostenuto delle percussioni durante le strofe: è quindi molto efficace l’improvviso break atmosferico prima del secondo minuto, dopo il quale la canzone riparte con la sua velocità abbondantemente infarcita di tristezza. Assolutamente clamorosa la parte finale con l’assolo del violino.
La breve –ma intensa – “Schmerzen” vede un nuovo duetto fra Andreas e Melanie, questa volta lento, raccontato, suadente ma lacerante nella sua capacità d’evocare un’infinita nostalgia.
La tristezza atmosferica di “Müder Wanderer” fa proseguire questa fase più ambientale, e veniamo piacevolmente accolti, durante il ritornello, dalla voce di Uwe Nolte (autore del testo), membro di un altro grandissimo gruppo della scena neofolk tedesca, quegli Orplid che vengono ulteriormente omaggiati dalla riproposizione, in ultima posizione, della loro splendida “Das Abendland”, undicesima traccia dell’omonimo e interessantissimo debutto del gruppo di Nolte e Machau: un finale in grande stile che bilancia, con la sua vena malinconica, l’inizio vivace.
Nel complesso, siamo passati attraverso momenti sognanti e vivaci, poi in altri più inquieti e descrittivi, per finire annegando nella tristezza più introspettiva: ma “...il naufragar m’è dolce in questo mare”, come diceva ‘qualcuno’ – ed è esattamente quello che si prova ascoltando “Erde”, una vera e propria immersione nel profondo dei propri pensieri e delle proprie sensazioni, ricevendone però un toccasana per la nostra anima e i nostri mali.
Elegante, coinvolgente, ispirato.
Si ringrazia Jacopo Dall’Aglio per l’aiuto con le traduzioni.