Voto: 
5.0 / 10
Autore: 
Corrado Penasso
Genere: 
Etichetta: 
Driven Music Group
Anno: 
2010
Line-Up: 

- Eric "A.K." Knutson - vocals
- Edward Carlson - guitar
- Jason Ward - bass
- Mark Simpson - guitar
- Craig Nielsen - drums   

Tracklist: 


1. Hypocrite 04:05 
2. Take 04:19 
3. The Cold 07:19 
4. Black Cloud 04:41 
5. Blackened Eyes Staring 04:38 
6. Better Off Dead 05:43 
7. Falling Short 05:12 
8. Always 03:38 
9. K.Y.A. 05:26 
10. Secret Life 07:03 

Flotsam and Jetsam

The Cold

I Flotsam & Jetsam dall’Arizona erano negli anni 80 quanto di migliore il panorama power/thrash metal Americano potesse offrire. Nati nel 1982, i nostri musicisti vennero sempre relegati nell’underground del genere ed a loro non venne mai riconosciuta la dovuta importanza che una band si meriterebbe se avesse sfornato due album quali Doomsday for the Deceiver e No Place for Disgrace. Quelle due uscite rappresentano dei capisaldi del genere ma purtroppo una lenta discesa qualitativa colpì il gruppo che così venne ricordato principalmente per aver donato Jason Newsted ai Metallica nel suo picco creativo massimo.

Tanti anni sono passati da allora e molte uscite discografiche non felici diedero il colpo finale ad un gruppo in costante bilico, tra molti cambi di formazione ed etichette discografiche. Gli elementi thrash metal stavano sparendo, soppiantati da quelli heavy, groove e progressive. Solo ultimamente il gruppo ricevette una maggiore visibilità anche se la formula musicale rimane intatta, in linea generale. The Cold rappresenta la decima uscita di brani inediti ed ancora una volta questa uscita ce li presenta ormai irriconoscibili e stanchi, senza quel nerbo che possa almeno far ricordare gli esordi. Molte volte i brani vengono ammantati da un’atmosfera gotica, dark e l’utilizzo di voci filtrate, arpeggi e note di piano di sicuro non brilla per originalità. I primi esempi li troviamo con Hypocrite, Better off Dead (semi-ballad dal retrogusto veramente insipido) o in occasione delle title-track, confusionario mix delle succitate partiture gotiche, stacchi prog e ripartenze groove. L’unica nota di merito la riservo per il buon vecchio Eric che al microfono fa sempre la sua bella figura grazie al suo timbro melodico ma anche indiavolato quando si deve.

Le chitarre in generale macinano riffs sì pesanti per via della buona registrazione, ma anche senza idee esaltanti nonostante le note capacità strumentali del gruppo. I coretti power/prog che qua e là spuntano in occasione dei ritornelli delle canzoni sono privi di mordente e carichi di quel tocco moderno del genere a dir poco fastidioso. Realmente non c’è nulla da segnalare di particolare perché il disco si “regge” semplicemente sugli stili succitati senza variazioni degne di nota. Le strutture sono semplici, lineari e le fasi soliste delle chitarre seppur ottime tecnicamente, aggiungono solo sbrodolature alla proposta ed esse sono raramente improntate a seguire la linea melodica della sessione ritmica, per esempio. I soli esempi più grintosi li troviamo con Blackened Eyes Staring, Always o con Falling Short , tuttavia le partiture si limitano ad essere una riproposta dell’ormai abusato post-thrash metal con momenti imbarazzanti e riffs impastati.

Insomma, che i Flotsam & Jetsam dei bei tempi ormai fossero andati lo si sapeva già dalla metà degli anni 90 ma questo disco va oltre ogni limite di sopportazione. Ora, la mia non vuole essere una stroncatura pesante o prevenuta perché la tecnica strumentale c’è e se “reinventarsi” è un modo per stare in piedi senza proporre la stessa minestra riscaldata per anni, c’è da lodare il gruppo. Semplicemente, non è questa la strada da prendere perché le canzoni sarebbero potute essere migliori e non impregnate da influenze che ormai ricalcano generi abusati e scontati. Forse in questi casi sarebbe meglio la scelta della minestra riscaldata, anche se loro non la propongono più dal lontano 1990 per i gusti del sottoscritto.  

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