Voto: 
6.9 / 10
Autore: 
Alessandro Mattedi
Etichetta: 
WindUp Records
Anno: 
2006
Line-Up: 

- Amy Lee - voce, pianoforte
- Terry Balsamo - chitarra
- John LeCompt - chitarra
- Will Boyd - basso
- Rocky Gray - batteria
 

Tracklist: 

1. Sweet Sacrifice
2. Call Me When You're Sober
3. Weight of the World
4. Lithium
5. Cloud Nine
6. Snow White Queen
7. Lacrymosa
8. Like You
9. Lose Control
10. The Only One
11. Your Star
12. All That I'm Living for
13. Good Enough
14. The Last Song I'm Wasting on You (bonus track della versione iTunes dell'album)

Evanescence

The Open Door

Ci sono voluti ben tre anni per il ritorno sulle scene degli Evanescence, durante un periodo in cui si sono alternati live che ripercorrevano una sterminata discografia di ben un album, gossip vari, problemi di salute (il nuovo chitarrista Terry Balsamo ebbe un ictus), il desiderio di Amy Lee di non affrettare la produzione per lasciare che il processo creativo "segua il suo corso" e cambi di line-up un po' più rilevanti: ad andare via è addirittura Ben Moody, co-fondatore del gruppo assieme ad Amy Lee sostituito dal già citato Terry proveniente dai Cold. Il motivo ufficiale fu "divergenze creative", ma qualche tempo più tardi Amy Lee e Moody rilasciarono una dichiarazione dove più o meno si spiegava che erano giunti ad un punto in cui collaborare insieme era difficoltoso e sarebbe stato impossibile registrare un terzo album.
Tralasciando le questione private dei protagonisti di questa avvincente telenovela, musicalmente è una separazione che può lasciare il segno: Moody in quanto co-fondatore aveva un ruolo rilevante nella composizione dei brani, e se la storia delle "divergenze creative" ha un fondo di verità si può intuire che senza di lui queste "divergenze" si concretizzeranno in musica dal lato di Amy Lee. Quindi, potremmo vedere non poche differenze con il passato. La domanda che ci si può porre è se il cambiamento avrà un apporto positivo o negativo sulla musica degli Evanescence, considerando il bisogno di risollevare la propria proposta. In realtà la parola d'ordine di The Open Door è: formula di successo non si cambia, si rinforza. Non aspettatevi grossi cambiamenti nè un sostanziale rinnovo dello stile (questo è il difetto principale), piuttosto vi sono delle migliorie e un approccio più curato che rendono il disco, in ogni caso, un piccolo passo in avanti rispetto a Fallen... oppure si dovrebbe dire un passo indietro, dato che come ricercatezza il disco porta più affinità con Origin che con le melodie sincopate di Fallen.

Viene dato maggiore risalto al ruolo di Amy Lee, le atmosfere si fanno più dense e i riff vengono maggiormente dosati nella quantità e rifiniti nella qualità, migliorando l'assetto distorto del precedente lavoro e alle volte proponendo qualche piccola interessante variazione di registro. Anche se il disco sa di già sentito, il songwriting si fa più ispirato e ricercato che nel precedente Fallen, ma soprattutto meno dozzinale, superandolo di gran lunga come risultato complessivo. Di contrasto ne eredita in parte l'attitudine a vagare abbastanza fra elementi diversi (dark, goth metal, nu metal, alcuni riff di derivazione industrial rock, effetti vari o campionature) senza trovare connettori comuni che rendano il lavoro completo e capace di dire qualcosa di realmente nuovo. Dobbiamo certamente dire che rispetto a Fallen gli Evanescence è come se avessero imboccato una strada lungo la quale in futuro rimedieranno sempre più; ma per adesso questo percorso rimane ancora incerto, come se mancasse la voglia o la capacità di andare a fondo, di spingersi oltre, finendo così per sembrare ugualmente un po' troppo artificioso. Forse si può riporre fiducia nelle sessioni di archi annunciate da tempo dal gruppo, ma sono realmente limitate e irrilevanti (così come è irrilevante la dichiarazione furbetta che sono stati registrati in una chiesa gotica). Nonostante insistano sui soliti cliché dei generi che li ispirano, gli Evanescence paradossalmente rappresentano la proposta forse più interessante nell'ambito del nu e del gothic più mainstream di metà decennio proprio per questa miscela, dato il grosso calo di sostegno, dalle major e dal pubblico, e di proposte che affligge da tempo i gruppi etichettati in questo modo.

Con Sweet Sacrifce abbiamo un discreto inizio, composto da riff taglienti e brucianti molto efficaci, anche se il risultato è troppo breve e affrettato; seguito subito dal primo singolo rilasciato dal gruppo, che si intitola Call Me When You Are Sober . L'introduzione viene affidata all'espressiva voce di Amy Lee che, aiutata dal pianoforte noir di sottofondo, tocca determinate influenze che quasi richiamano niente meno che il soul (!). E' una breve introduzione, perché partono subito il resto degli strumentisti ad offrire una buona dose di riffs e a innalzare muri distorti per sostenere il chorus in cui viene ripetuto il pezzo iniziale, per un brano particolare (c'è anche un breve inserto di hammond) ma che nel complesso appare ancora troppo blando. Tocca ora a Weight of the World, nel consueto stile orecchiabile e distorto al tempo stesso, ma sa troppo di già sentito e tende ad essere monotona, solo degli sporadici inserti variano il registro (un piccolo assolo e una chitarra acustica sul finale che con poche pretese si inseriscono bene nella traccia); sicuramente però sarà una grossa hit fra i fan e nei live. Lithium è una ballata di pianoforte come ci hanno abituati gli Evanescence, con in più alcuni chords distorti che tentano di imitare certo goth. Nonostante sia una canzone prevedibile, è molto melodica e godibile appieno. La molto buona Cloud Nine con i suoi filtri richiama alla memoria i momenti più originali di Origin se mi passate il gioco di parole. I riff sono decisi e le atmosfere efficaci e fino ad ora il risultato è il migliore, ma lascia intravedere che gli Evanescence possono fare meglio. Quasi sullo stesso livello è Snow White Queen, una combinazione di sonorità tetre ed effettistica moderna adagiata sul consueto stile melodico, ma la a lungo chiacchierata Lacrymosa è fin troppo mal progettata e deludente. Sarebbe una ardita rivisitazione in ottica moderna del passo di Mozart, come si sapeva già da tempo (vi lascio immaginare il perché), ma il risultato è scarno e palesemente ruffiano; se il coro lirico può anche suscitare una qualche suggestione, il motivo di violino monotonamente ripetuto diventa un inutile addobbo mal inserito nei chords distorti che faticano ad adattarsi all'atmosfera che il brano vorrebbe ricreare. Di contrasto, l'ottima ballata Like You è molto meno ambiziosa e il risultato ne giova particolarmente. Lose Control e The Only One propongono interessanti atmosfere create dal pianoforte in combinazione ai vari effetti e al cupo basso che riempie gli spazi fra i suoni, un po' meno efficaci nei riff ma nel complesso due buoni brani. Your Star è la canzone più affascinante della seconda metà del disco: un bel malinconico giro di note al pianoforte che viene presto squarciato da una serie di riff fra i migliori del disco, l'hammond e il coro completano l'atmosfera rendendola ancora più efficace. All That I'm Living for (scritta da John LeCompt) promette bene con un riff duro e meccanico, viene un po' ridimensionata dal banale muro di distorsione del chorus e scorre velocemente. Chiusura affidata alla consueta ballad, Good Enough, una bella prestazione anche grazie ai violini, seppur nulla di nuovo (nella versione I-Tunes c'è però una bonus track, The Last Song I'm Wasting on You, e dovrebbero arrivarne anche delle altre come b-sides).

Alla fine del full lenght emerge che The Open Door tutto sommato non è malvagio, è un lavoro discreto, ben prodotto e registrato e con spunti interessanti del duo chitarristico che si vede che quando può si impegna per metterci del proprio, ma tutto questo non basta: manca ancora un qualcosa perché il gruppo possa realmente mostrarsi all'altezza delle aspettative, altrimenti in queste condizioni, pur essendo migliorati nel songwriting e nello stile rispetto al passato, gli Evanescence sono e rischiano di rimanere incompiuti. Sta ad Amy Lee e compagni capire come affrontare il futuro.

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