- Stefano B. - Voce
- Claudio R. - Basso
- Matteo C. - Chitarra
- Mjkol B.S. - Chitarra
1. Oceanic Affliction
2. Little Hans
3. Swarming Of Maggols
4. Cardboard Paradise
5. Supersonic Hate
Evolution
Nuotare senza affogare nel mare dell’underground italiano è davvero una fatica impressionante per l’incontenibile mole di gruppi uscenti, soprattutto nella sfera del crossover che oggi, nel nostro paese, sta subendo una spinta produttiva notevole nonostante i gruppi che meritano applausi sono davvero pochi. Tra questa miriade di band ci sono gli Enema. La band, nata nel 2001 dalle menti di Rinna e Cammo cambia continuamente line-up fino ad arrivare al 2006, anno in cui il gruppo vede l’uscita della propria prima fatica, il singolo Evolution.
I giovani si mettono subito in mostra presentandoci un prodotto molto coraggioso anche se, come al solito, è difficile mantenere costante l’attenzione ascoltando dischi come questi. Miscelando con una buona dose di originalità crossover, nu-metal, refrain punk e qualche spunto metalcore, gli Enema hanno dato vita ad una musica abbastanza policromatica ma non sempre compatta per come gli arrangiamenti e le parti strumentali vengano strutturate dai ragazzi.
La opener Oceanic Affliction fa partire il disco in maniera molto convincente: il sound è pulito e incisivo, l’insieme strumentale abbastanza coordinato e anche le melodie lasciano ben sperare. Riff più legati all’onda punk caratterizzano invece la seconda Little Hands, più catchy e orecchiabile rispetto alle altre, semplice nella struttura e, diciamo, discreta per le melodie che la sorreggono. Istanti rabbiosi più spinti verso il metalcore danno vita invece alla successiva Swarming Of Maggols, rabbiosa e più pesante nell’arrangiamento anche se il ritornello della canzone spedisce alla velocità della luce la nostra mente al grunge dei Nirvana; questo riff è infatti tranquillamente conducibile al gruppo americano, soprattutto per impatto e melodia.
Si arriva così a Cardboard Paradise che non ci presenta nulla di nuovo, nè sotto il profilo stilistico né sotto quello melodico, sono infatti ripetitive e quasi tautologiche le strutture ritmiche e melodiche del brano che sembrano inseguirsi sempre nello stesso recinto da dove difficilmente vien fuori qualcosa di particolare e attrattivo. Stesso discorso vale per la conclusiva Supersonic Hate che, proseguendo sempre sulla stessa linea compositiva, chiude il prodotto senza lasciare nulla di veramente incisivo.
Per questo motivo Evolution è un singolo apprezzabile per lo sforzo mostratoci dal gruppo, ma rimane in ogni caso l’incarnazione d’una musica trita e ritrita, che prende qualche influenza dalle varie correnti al fine di creare un insieme strumentale unico capace di colpire in profondità, anche se, effettivamente, la band ci riesce sporadicamente. Il prodotto rimane quindi sulla sufficienza, nulla più nulla meno, e non mi resta che rinnovare solamente le speranze per il futuro che però, da troppi anni, vengono ripronunziate asfissiantemente senza esser (quasi) mai ripagate.