Voto: 
8.0 / 10
Autore: 
Iacopo Fonte
Genere: 
Etichetta: 
Prophecy Productions/Audioglob
Anno: 
2004
Line-Up: 

- Esteri Rémond - soprano
- Camille Balarie, Louise Legendre, Julia Michaelis, Chloé Nadeau, Esteri Rémond, Séverine Ronsard, Anna Maria Sarasto, Karine Sylvain - cori femminili
- David Kempf - violino, viola
- Ismaël Guy, Inga Larusdottir, Elsa Saulnier - primi violini
- Sylvain Daumard, Hélène Hector, Sébastien Thaumon - secondi violini
- Émilie Dunand, Étienne Philibert, Isabelle Robel - terzi violini
- Shinji Chihara, David Choreman, Mathieu Hilbert - prime viole
- Sandra Cardon, Judith Thomas, Emma Urbanek - seconde viole
- Julie Corda, Alexandre Grimaud, Anne Tigier - terze viole
- Vincent Catulescu, Catherine Fiolka - primi violoncelli
- Anne Fournier, Benjamin Rabenau - secondi violoncelli
- Christian Dourinat, Éléonore Toinon - terzi violoncelli
- Raymond Lebars, Yves Levignon, Arnaud Pioncet - basso
- Nizar Attawi - faluto
- Estelle Sandrard - flauto grave
- Vladimir Jamet - oboe
- Camille Drillon, Samuel Gresch - clarinetti
- Michaël Hardy - clarinetti gravi
- Klaus Amann - tromba, corno
- Samir Husseini, Philippe Laumond - corno
- Arnaud Pasquier - trombone
- René Adam - trombone
- Marc Bertaud - timpani, batteria
- Alexandre Clément - batteria
- Paul Lantenot - cimbali, gongs, tamtam
- Pierre Mangin - campane, batteria
- Simon Eberl - dispositivi elettronici


Tracklist: 

1. Chaomphalos
2. Ardour
3. Sunwar The Dead
4. Ares in Their Eyes
5. The Hemlock Sea
6. La Terre n’aime pas le Sang
7. A Song of Ashes
8. Laceration
9. Poliorketika
10. Blood and Grey Skies Entwined
11. Threnos

Elend

Sunwar the Dead

Ormai gli Elend ci hanno abituati a lavori di grande qualità e soprattutto molto ben congeniati tanto nelle tematiche quanto nel sound, ma con Sunwar The Dead riescono a superarsi ancora una volta. Nonostante il marchio Elend originariamente dovesse coprire la produzione i tre album componenti un solo blocco stilistico, Officium Tenbrarum, con Winds Devouring Man il combo franco-austriaco ha scelto di iniziare un nuovo ciclo, chiamato Winds Cycle. Questo album, secondo nella neotrilogia, sfornato nel 2004, è pertanto stilisticamente il concretizzarsi di un climax che ha portato la band ai vertici europei nel mondo gothic sinfonico. E’ un disco che si potrebbe perfino definire intellettuale; le tematiche affrontate sono sempre quelle apocalittiche e misteriose dei precedenti album, ma fin dall’intro si comprende come la musica stessa sia cambiata e abbia fatto un salto di qualità.

Una delicatissima voce femminile infatti apre lo scenario in modo assolutamente inquietante. Soprattutto sono calzanti alla perfezione le liriche in greco che impreziosiscono l’opera, potenziandone l’impatto sull’ascoltatore. Suona perfino teatrale, da tragedia, questo inizio che evoca terribilmente situazioni di stravolgimenti naturali e metafisici; nonostante i toni pacati, già ci si prepara mentalmente alla seconda track, Ardour, che su toni epici, mitologici, lancia appieno il concept. La tensione è avvolgente, travolge la realtà esterna, abbattendo le barriere sonore. Gli aspetti linguistici sono vari: vengono eseguite oltre che in greco ovviamente in francese e in inglese. Il sistema strumentale è poi altamente complesso in quanto sinfonico. Si adatta bene perciò, attraverso atmosfere horror, alle tematiche sviluppate di track in track. Cori, a volte da cattedrale gotica a volte da scenario tolkieniano, fiancheggiano le linee vocali principali, specialmente nella title-track che si lancia anche su scale orientali. Voci sussurrate poi si inseriscono fra suoni sinistri, a volte industriali, da macchinario, come in The Hemlock Sea, riprendendo il precedente full-length. Su quei toni si sviluppa in particolare Ares in Their Eyes che rimarca effetti sonori duri, smorzati da romantici violini.

La tensione è altissima. Ne è la prova verso metà song l’improvvisa esplosione, dalla quale poi il filo strumentale comincia a essere spesso interrotto da suoni stridenti e frastornanti. In antitesi stanno alcune parti addirittura ethereal o new age che riproducono effetti naturali, misti a patterns acidi e dissonanti come in A Song of Ashes. Da qui un andamento da soundtrack, più riflessivo dunque, prende piede nella parte centro-finale. Blood and Grey Skies Entwined e Threnos infine si riallacciano lentamente alle prime soluzioni sonore dell’album, immerse in uno stato di tristezza rassegnata, che appare inevitabile alla luce degli stravolgimenti dei precedenti brani.
E’ un lavoro nel complesso molto intenso e che nelle singole tracks approfondisce aspetti stilistici efficaci. Il sound degli Elend è ormai conosciuto e affermato ad alti livelli; non rimane dunque che aspettare l’uscita dell’ultimo capitolo di un ciclo che regala innumerevoli emozioni ai suoi ascoltatori.

NUOVE USCITE
Filastine & Nova
Post World Industries
Montauk
Labellascheggia
Paolo Spaccamonti & Ramon Moro
Dunque - Superbudda
Brucianuvole
Autoprod.
Crampo Eighteen
Autoprod..
BeWider
Autoprod..
Disemballerina
Minotauro
Accesso utente