- Flavio Fancellu - Batteria
- Antonio Mulas - Basso
- Paolo Lubinu - Chitarra
- Luca Pintore – Voce
1. Coscienza II 03:51
2. Come Fare? 05:27
3. Dubbio 05:21
4. Il Solito Gioco 04:24
5. Chi Sono 04:38
6. Posso Ancora Chiedere 06:06
7. Io Spero 05:23
8. Dal Dolore Al Pianto 06:02
Estreme Conseguenze
Rabbia repressa che deve esplodere. Ecco cosa ho pensato quando ho ascoltato il debutto dei sardi Egomass. L’album in questione, Estreme Conseguenze, è un riuscito cocktail di influenze estreme e progressive. Il death/thrash di stampo tecnico si fonde volentieri con influenze leggermente più progressive e hardcore per dare vita ad un album terremotante. Formatisi addirittura nel 1996, gli Egomass debuttarono ben 10 anni dopo con un promo, ma solo con la realizzazione di questo album (limitato a 1000 copie) si può pensare ad una maggiore diffusione del prodotto sul mercato, sempre alla ricerca di un buon contratto.
Le otto tracce qui incluse mostrano un band compatta e già matura. La registrazione è molto buona, pulita e potente allo stesso tempo. Le chitarre massicce si destreggiano bene tra improvvise accelerazioni e momenti in cui c’è meno voglia di distruggere tutto, facendo venire a galla un tocco di melodia. È già il caso di Coscienza Due, e più precisamente durante il ritornello. Il cantato italiano è una scelta originale e coraggiosa ma funzione bene, come lo fece anche per gli album dei mitici Distruzione da Parma. Lo scream è brutale, graffiante ma anche abbastanza basso e i testi risultano sempre abbastanza comprensibili. L’anima più progressive risiede in maniera evidente in Come Fare? e molti paragoni con i vecchi Atheist possono essere tirati in ballo anche se Dubbio non è da meno, solo più pesante e con maggiori ripartenze death/thrash.
Il Solito Gioco si trascina su tempi più lenti e non mancano inflessioni dark e più moderne degne dei primissimi Machine Head. A volte la struttura delle canzoni è talmente intricata e pregna di cambi di tempo che viene difficile seguire il tutto con attenzione, anche se la “forma” delle stesse non viene mai dimenticata e ciò è da apprezzare perché i pezzi si fanno sempre riconoscere in qualche modo o per qualche riff veramente azzeccato. Posso Ancora Chiedere segue ancora una volta uno stile zeppo di riff dissonanti, controtempo ad opera della batteria e assolutamente da esaltare è il lavoro svolto dal bassista per il funambolico stile nel massacrare le quattro corde. Io Spero si segnala come una song più diretta e la finale Dal Dolore al Pianto chiude il disco con un andamento lento e maggiormente progressivo, anche se il groove incarognito non sparisce e, anzi, dona la giusta pesantezza.
In conclusione, mi sento di raccomandare questo disco a voi ascoltatori di ampie vedute anche se io stesso l’ho apprezzato, pur non essendo il classico esempio di persona open-minded nell’ambito metal. Buon debutto e spero in un contratto importante, al più presto.