- Carrie Butler
- Britt Hayes
- J.J. Idt
- Eli Mardock
- Mikey Overfield
- Austin Skiles
1. Lock And Key
2. Photograph
3. Hello, Never
4. Death Could Be at The Door
5. Holy
6. Your Beauty Is A Knife I Turn On My Throat
7. It Was a Lovely Parade
8. It’s So Sexy
9. Last Song
10. Heal It/ Fell It
11. Ballet of Art
Eagle*Seagull
E’ davvero una piacevole sopresa quella degli Eagle*Seagull, che bussano alle porte di casa Musica con un debut-album magico, dal sound inconfondibile. Il sestetto americano è una delle sorprese dell’anno in campo indie rock, grazie a un omonimo disco che regala all’ascoltatore un concentrato di calore e dolcezza di non comune intensità. Stilisticamente le undici tracks che compongono l’opera prendono vita da una matrice country (nonostante certi paragoni, non sono affatto così evidenti i parallelismi con i Wilco o con i Decemberists); la band americana però riesce a maneggiare questo primitivo indirizzo sonoro con tanta abilità e buon gusto che la produzione non sembra affatto uno dei classici lavori “paesani” a stelle e strisce. Il tessuto sonoro è infatti caratterizzato dalla supremazia di fraseggi di chitarra acustica molto lenti e trascinati, che si fondono dolcemente con la voce onirica e malinconica di Eli Mardock. Così la Paper Garden, proprietà di Brian Vaughn, già protagonista alla Sub Pop, coglie al volo l’occasione per portare in auge, come numero uno del proprio catalogo, la gemma nata a Lincoln, Nebraska. Tramite l’europea Lado poi, in seguito a più di una ristampa, dato il notevole successo riscosso subito negli USA, anche il Vecchio Continente può godere delle piacevoli linee melodiche romantiche, profumanti di Nuovo Mondo.
A colpire è poi la durata media dei singoli brani, che si aggira in media sui cinque minuti per pezzo, che sottolinea oltretutto come i sei ragazzi americani siano molto attenti alla strutturazione del songwriting e a non cadere in banali prove da commercializzare. Il mood del lavoro è pertanto persuasivo, intrigante, sognante. Questi elementi costituiscono la colonna portante del disco, il quale si mantiene generalmente su toni discreti, con tre picchi emotivi in Death Could Be At The Door, nelle malinconiche note di piano di Last Song e nella straziante e drammatica It’s So Sexy. Il generale tenore dei brani è improntato oltretutto dalla modalità di cantautorato che Eli le conferisce. Si tratta insomma di una prima prova pienamente soddisfacente. Se si guarda alle qualità, il sound è registrato ottimamente, il songwriting è originale in ogni capitolo, il quale va a formare un’unità a sé stante, ma al contempo ben integrata nell’ottica del disco. La voce poi (nelle note più cariche emotivamente ci ricorda quasi un Robert Smith dei più afflitti) corona il tutto in modo poetico, portando la musica degli Eagle*Seagull diretta al cuore dell’ascoltatore. Ottimo esordio dunque, avanti così.