- Kai Jaakkola - voce
- Mikael Sandorf - chitarra
- Oskar Karlsson - batteria
- Antti Lindholm - chitarra
- Matte Järnil - basso
1. Paradises Into Deserts
2. The Wheel And The Blacklight
3. Deep In Your World
4. Some More Sin On My Burden
5. Shadows And Cancer
6. Bring Us Your Infected
7. The Option And The Poison
8. Sealed With A Fist
9. I've Only Got Knives For You
The Dying Wonders Of The World
Nuova fatica dei finnico-svedesi The Duskfall, The Dying Wonders Of The World prosegue il cammino intrapreso dalla band, entrata da tempo nel roster della Nuclear Blast che, a quanto sembra, negli ultimi anni tedesca sta preferendo a band di qualità una grande quantità di giovani gruppi scandinavi; ottimi esecutori ma mediocri compositori, i Duskfall, formatisi a fine anni ’90 dalle ceneri dei Gates Of Ishtar, si sono sempre configurati come uno dei tanti act della scena Melo-Death svedese, dapprima ricalcando spudoratamente la lezione degli At The Gates, poi, con l’avvento della moda Metalcore, aggiungendo una sostanziosa dose di melodia e trovando una strada un poco più personale con il precedente album Lifetime Supply Of Guilt.
Come già detto, i Duskfall continuano proprio su questa strada, con un disco violento e pesante, ma dalle numerose aperture melodiche e cori accattivanti (pur non presentando mai i vocals puliti caratteristici del Metalcore), che unisce alla lezione impartita dai maestri At The Gates, In Flames e Soilwork l’influenza melodica dei moderni sviluppi della scena svedese, così come il lavoro di chitarre tipico del Death-Core di Heaven Shall Burn, Caliban ed As I Lie Dying.
La musica dei Duskfall non è però del tutto priva di apporti personali: sostanzialmente, parliamo in questo caso dell’uso della batteria, differente dai dischi precedenti, molto varia, complessa ed originale, nonostante la singolare e piuttosto inappropriata produzione dell’album le conferisca un suono poco incisivo; questo elemento emerge da subito nelle rullate in stile Mastodon della violenta opener Paradises Into Deserts, dove emergono a tratti gli elementi melodici che si fanno più decisi in brani come The Wheel And The Black Light e Deep In Your World, mentre verso la conclusione dell’album la band sembra tornare ad un approccio più aggressivo e pesante.
Per il resto, sempre la solita solfa, e tutti gli elementi ripercorrono la tradizione di una scena ormai completamente scaduta nella banalità, dalle ritmiche scontate ai riff di chitarra che si faticano a tratti a distinguere tra un brano e l’altro; una menzione particolare poi per la voce di Kai Jaakkola, decisamente giù di tono con una performance poco coinvolgente e pressoché priva di alcuna variazione vocale, rischiando di diventare davvero irritante ben prima della fine dei quaranta minuti di musica proposti dalla band.
Che dire dunque di questo The Dying Wonders Of The World: l’ascolto è senz’altro consigliato a chi segue la band o a chi è particolarmente appassionato alla scena del Death Melodico scandinavo, ma anche costoro dopo alcuni ascolti finiranno per lasciarlo perdere e gettare il disco nel dimenticatoio. Chi invece sta cercando una band che riesca ad imporsi sulla banalità della scena odierna costruendo qualcosa di originale, si fidi: può lasciare perdere già in partenza.