- Gavin Hayes - voce, chitarra
- Drew Roulette - basso, artwork
- Mark Engles - chitarra
- Dino Campanella - batteria, pianoforte
1. Symbol Song (04:23)
2. Movement I: @45°N, 180°W (01:02)
3. Lechium (06:25)
4. Movement II: Crosswind Minuet (01:23)
5. Traversing Through the Arctic Cold We Search for the Spirit of Yuta/Intermission (06:38)
6. Movement III: Lyndon (03:08)
7. Penguins in the Desert (04:13)
8. Movement IV: RR (03:00)
9. Yatahaze (03:45)
10. Movement V: 90 Hour Sleep/Untitled (Ghost track) (20:21)
Leitmotif
L’album di debutto costituisce un ostacolo da superare per ogni band, un’ardua prova che deve riuscire a catturare l’attenzione degli ascoltatori, cercando di non cadere nel banale e nello scontato. I californiani Dredg, già esordienti con l’ep Orph nel 1997, non fanno altro che confermare gli ottimi presupposti con la pubblicazione di Leitmotif nel 2001, un’opera concept eccezionale in ogni sua parte e capace di rientrare nella categoria dei master-pieces dell’Alternative Rock.
Tante le influenze che permeano ciascuna delle dieci tracce che formano un disco così curato sia nel song-writing che nella produzione: la tradizione di Isis e Neurosis viene ripresa a tratti ed unita a spunti di psichedelia Tooliana e di parvenze Alternative/Post Rock di notevole rilievo.
Symbol Song apre in grandissimo stile Leitmotif con il suo misto di chitarra clean e di distorsioni, delineando un ritmo appassionante ed inusuale, che stregherà chiunque ami l’eleganza della sperimentazione alternativa. Il concept, scritto dal bassista Drew Roulette, dal punto di vista lirico visita la storia di un uomo afflitto che dovrà andare in cerca di culture differenti per il mondo per trovare una cura al suo malessere interiore.
Lechium appare sognante nei suoi riff altalenanti e stupendi nell’approccio della chitarra clean, vera conduttrice della canzone: l’intermezzo tipicamente Neurosis eleva l’aggressività sprigionata dal brano, testimoniata dalla grande performance del cantante/chitarrista Gavin Hayes. L’atmosfera si manifesta ipnotica ed esaltante in capitoli come Movement II: Crosswind Minute, tanto delicata quanto dinamica nel suo incedere acustico. Numerosi i momenti dedicati alla melodia, come Traversing Through the Arctic Cold, We Search for the Spirit of Yuta, splendido intermezzo che si collega alla breve Movement III: Lyndon, avvolgente nel suo alone Alternative, riflessivo nei patterns che lo costituiscono, progressivo nell’anima.
In Penguins in the Desert riaffiorano le influenze di Tool e Deftones, un Alternative più votato all’approccio diretto ed impetuoso, tipicamente americano nel feeling e ricco di magici effetti che ammalieranno gli ascoltatori: stesso discorso dev’essere fatto per l’elettronico Movement IV: RR e il Metal della penultima Yatahaze, meditato episodio sempre inscritto all’American style delle sonorità più moderne.
Mastodontica nella lunghezza l’ultima traccia Movement V: 90 Hour Sleep, che chiude egregiamente l’album prima con i suoi timbri malinconici e meditativi, della durata di due minuti, per poi abbandonarsi ad un semi-silenzio di diciotto minuti, intervallato da suoni ed effetti, principio di una sommessa ghost-track.
Autoprodotto dal quartetto americano nel 1998, Leitmotif ha destato l’attenzione della Universal che nel settembre 2001 l’ha diffuso in tutto il mondo, senza modificare né il booklet né il mixaggio, ma variando solamente l’artwork: la scelta della multinazionale discografica si è rivelata efficacissima poiché Leitmotif, da quando è stato portato alla luce nel 2001, ha riscosso un successo senza precedenti per la formazione statunitense.
Consigliato a tutti coloro che si sono lasciati trasportare dalle sonorità dei gruppi della scena americana, capeggiati dai Tool, Leitmotif accompagnerà progressivamente l’ascoltatore in un viaggio di un’ora nei meandri delle proprie emozioni.