- Don Dokken - Voce, Chitarra
- George Lynch - Chitarra
- Jeff Pilson - Basso, Tastiere, Chitarra
- Mick Brown - Batteria
1. Unchain the Night (5:17)
2. The Hunter (4:06)
3. In My Dreams (4:18)
4. Slippin' Away (3:46)
5. Lightnin' Strikes Again (3:47)
6. It's Not Love (5:01)
7. Jaded Heart (4:13)
8. Don't Lie to Me (3:38)
9. Will the Sun Rise (4:09)
10. Til the Livin' End (3:56)
Under Lock and Key
Appena un anno dopo il successo ottenuto con Tooth and Nail, i Dokken tornano nuovamente sotto i riflettori con il secondo capitolo della loro tripletta vincente che si concluderà con il successivo Back For The Attack del 1987.
Il quartetto di Los Angeles prosegue quindi giustamente su quelle coordinate che li distingueranno dal filone hair ovvero il sound ricercato, pulito e tagliente, la produzione affidata nuovamente all’eccezionale Michael Wagener (famoso per aver lavorato con Accept, Skid Row e molti altri), ma anche il look, sempre elegante e poco appariscente rispetto ad altre band contemporanee che puntarono non poco sulla vistosità degli abiti e delle acconciature per arrivare al grande pubblico. Insomma la musica di alta qualità era il vero obiettivo.
A capo del gruppo ancora il carismatico Don Dokken, figura di spessore nel panorama hard ‘n’ heavy non solo per le eccellenti doti canore ma anche per la sua attività di produttore e talent scout - fu lui infatti a finanziare il primo EP dei Great White ad anche quello degli XYZ. Dietro le corde è impossibile non notare le acrobazie del virtuoso George Lynch e di Jeff Pilson, polistrumentista a cui il ruolo di bassista sembra quasi stare stretto. Tutto coadiuvato dall’immancabile Mick “Wild” Brown alla batteria, proveniente assieme a Lynch, dagli Xciter dove registrarono un album mai arrivato negli scaffali ma da cui Don e compagni attinsero qualche pezzo per il debut Breaking the Chains.
Non è mai stato facile dare alle stampe un nuovo lavoro dopo soli quattordici mesi di distanza dal precedente, tanto meno trattandosi di un grande platter come Tooth and Nail, ma il 9 novembre dell’85 fu pubblicato Under Lock And Key e l’impresa riuscì. Le tonalità più metalliche e ruggenti furono leggermente ammorbidite per far spazio a nuovi elementi di adult rock e a numerose parti cantate a quattro ugole. Nel giro di un anno e mezzo il platino statunitense fu difatti messo in bacheca.
Appena inserito il Cd/LP nell’adeguato riproduttore cupe note si diffondono nell’aria, cupe come la notte che dilaga fino al momento in cui viene squarciata da un riff semplice ma micidiale e dall’entrata in scena del singer. Partenza in quarta affidata ad un brano veramente esplosivo e coinvolgente come Unchain The Night che rimane subito impresso nella mente mettendo in chiaro la statura dell’album. Si prosegue conThe Hunter ed è ancora grande musica grazie ad un cantato pieno e avvolgente ed alle melodie taglienti dall’inizio alla fine. Nel video si vede anche un impaurito George Lynch che fugge da quei bacchettoni del PMRC che tanto infastidirono (o favorirono?) il mondo del rock in quegli anni. Il terzo brano, In My Dreams, parte con un chorus potente di tutto l’ensemble, prosegue con un buon groove e sfocia in un pomp refrain sempre supportato da una grande prestazione di Brown.
E’ quindi giunto il momento della ballad, giusto appunto per riprendere fiato; Slippin’ Away è dolce, gradevole e si fa apprezzare per l’utilizzo di entrambe le chitarre, acustica e elettrica, ma paragonata alla Alone Again, comparsa nel disco precedente, risulta meno ispirata.Non scordiamoci però che i nostri sono innanzi tutto una band di puro heavy rock e ce lo fanno ricordare con Lightnin’ Strikes Again brano elettrizzante, con voci campionate all’inizio delle strofe, un pre-ritornello in stile The Trooper dei Maiden ed un finale in cui il frontman spara quattro acuti che hanno del sovrumano.
Ma eccoci arrivati al pezzo forte del lotto dove tutte le famosissime note cromate del Class Metal trovano posto. It’s Not Love, con il suo incidere aggressivo, è veramente fenomenale: cori a go go, Lynch che sfodera un assolo in tapping sulla sua bellissima “J. Frog Skull And Bones” e Don che nel bridge riesce a piazzarci pure una telefonata! - effetto poi ripreso anche dai Guns nella cover di Knocking On Heaven's Door. Insomma qui si rasenta la perfezione.
Jaded Heart invece è una semi-ballad di buona fattura che si lascia ascoltare senza alcun problema mentre la successiva Don't Lie to Me è un pezzo melodico su una buona base rockeggiante sostenuta da un ottima sezione ritmica. La stessa cosa si ripete per Will the Sun Rise con l’unica differenza che il refrain risulta essere un po’mieloso e l’assolo troppo corto.
La terza fatica dei Dokken si conclude giustamente con Til the Livin’ End, una furiosa galoppata presa in prestito da un gruppo speed ma suonata e cantata in modo cristallino. Ottima closer per riportare un po’di irruenza dopo un passaggio in acque non troppo mosse.
Senza nessuna remore ad oggi è possibile dire che quello era veramente un “supergruppo” composto da musicisti di indiscusso talento. Purtroppo questo sarà l’ultimo lavoro composto tutti assieme poiché, a causa di incomprensioni fra il singer e Lynch, Back For The Attack porterà in studio i tre strumentisti da una parte e il frontmen dall’altra, che inciderà le parti vocali su basi pre-registrate.Questo Under Lock And Key resta però un punto fermo dei quattro paladini del Class Metal ed è quindi vivamente consigliato a chiunque ami ancora il cantato limpido e argentino affiancato da sonorità affilate e geniali, cose rare di questi tempi.