- James Rushent - Voce, Basso
- Dan Coop - Synth
- Morgan Quaintance - Chitarra, Synth, Voce
- Rob Bloomfield - Batteria
1. Battle Royale
2. With a Heavy Heart (I Regret to Inform You)
3. We Are Rockstars
4. Dawn Of The Dead
5. Doomed Now
6. Attack of the 60 ft Lesbian Octopus
7. Let's Make Out
8. Being Bad Feels Pretty Good
9. Weird Science
10. Epic Last Song
11. Like The Way You Do (iTunes bonus track)
12. Tales Of The Chameleon (Play.com bonus track)
You Have No Idea What You're Getting Yourself Into
Sono quattro giovincelli provenienti da Reading. Il loro nome deriva da una frase pronunciata da David Brant nella sitcom inglese The Office. Sono balzati all'attenzione di pubblico e critica remixando Muse, Bloc Party, Raconteurs e The White Stripes. Curiosamente, nel 2007, hanno vinto un premio destinato al peggior nome per una band ma, evidentemente, se ne sono altamente fregati (tanto che nello stesso hanno aperto un live dei Nine Inch Nails). L'anno dopo si sono chiusi negli studios della Virgin e hanno tirato fuori il loro primo disco: You Have No Idea What You're Getting Yourself Into. Si chiamano Does It Offend You, Yeah? e, probabilmente, il successo che li circonda non è il semplice frutto delle subdole regole del music business, bensì di un frizzante gusto stilistico e compositivo, un pò meno fresco per quanto riguarda l'originalità. Tanto care ai quattro inglesotti sembrano essere infatti le sonorità dei grandi maestri dell'electrorock (Daft Punk e, se si vuole scavare ancora di più nel passato, dei Devo) oltre che di gran parte del french touch ultimamente esploso e direttamente reindirizzabile alla musica dei parigini Justice, acclamati lo scorso anno grazie al debut album † (anche detto Cross).
Sintetizzatori acidi e scorribande elettroniche che vanno dal patetico all'aggressivo, refrain ballabili di netto stampo disco alternati ora a cavalcate indie, ora a momenti di pop che più catchy non si può (Dawn Of The Dead ne è l'esempio lampante). You Have No Idea What You're Getting Yourself Into è in fondo un disco giovanile, per certi versi addirittura adolescenziale, ma che nasconde, forse proprio grazie a questa sua impostazione, una carica melodica e un impatto emotivo assolutamente irresistibile. Laddove infatti la band inglese mostra qualche richiamo di troppo all'electro rock e alla dance del passato, lasciando intravedere al contempo sporadiche leggerezze compositive, la scoppiettante freschezza melodica soppianta al volo tutti gli eventuali difetti riscontrabili catturando l'ascoltatore con facilità disarmante.
Difficile è infatti non rimanere coinvolti, tanto per fare un esempio, nelle scosse elettroniche del capolavoro We Are Rockstars in cui la ruvidità e l'acidità dei synth e della sezione ritmica si alterna perfettamente con uno straordinario chorus cantato che ricorda, senza però rientrare nel plagio, i Daft Punk dell'indimenticato Human After All.
E sono sempre le influenze della band di Guy Manuel Christo e Thomas Bangalter a regnare nella penultima Weird Science che condivide con la sopracitata canzone un intelligente gusto melodico, affiancato questa volta da un impianto elettronico più ballabile e pacchiano, caratteristica che si ripercuote anche nelle note della opener Battle Royale, dove però i quattro inglesi mostrano un'accattivante varietà espressiva (espressa anche in Let's Make Out) oltre ad una certa dimestichezza in fatto di sintetizzatori ed effetti elettronici.
Doomed Now e Being Bad Feels Pretty Good trascinano invece l'ascoltatore verso lidi rockeggianti tipici di gran parte dell'indie (e dell'indietronica) easy-listening anglo-americana di quest'ultimo periodo (Bloc Party in primis), preludendo alla conclusiva e dolce Epic Last Song che chiude il disco lasciando completamente da parte synth e derivati per colpire attraverso un riffing scorrevole e altamente emotivo che di certo non disgusterà quella larga fetta di ascoltatori indie dal cuore fragile e sensibile.
Come già detto, se si pone l'analisi di questo disco in termini stilistici e di derivazione storica, You Have No Idea What You're Getting Yourself Into può essere tranquillamente gettato nel cestino per fare compagnia ai suoi simili figli della stessa ondata musicale dato il suo palese attaccamento al rock elettronico degli anni '80 prima e dei '90 poi, ma se si fa il piccolo sforzo (molto difficile per gran parte della più saccente critica contemporanea) di proiettarsi all'interno di questo flusso sonoro senza nessun pregiudizio estetico primordiale, allora è probabile che i Does It Offend You, Yeah? riusciranno a soddisfarvi, anche perchè, una volta tanto, nell'accozzaglia mainstream moderna, un disco del genere non può far altro che divertire.