- Alex Zhang Hungtai - Compositore
1. Speedway King
2. Horses
3. Sweet 17
4. A Hundred Highways
5. True Blue
6. Lord Knows Best
7. Black Nylon
8. Hotel
Badlands
Di recente mi è capitato di vedere su MTV un documentario sulle varie culture musicali nel mondo: si parlava dell' Asia, in particolare di Giappone e Cina. Rockabilly e Psychobilly la fanno da padrona in queste terre. Oltre agli abituali consumatori, al solito c'è sempre chi esagera. I fanatici di questi generi esistono, e sono pure tanti; divisi in gruppi, si fanno guerra tra i loro simili a passi di ballo. Sono disposti a spendere gran parte dello stipendio mensile per curare il proprio aspetto, dalla giacca giusta al capello a punta. Qualcuno ha pure famiglia, e và fiero di portare il pane a casa in questa maniera. Ne ho riflettuto, e devo dire che per completare l' idilliaco quadretto manca solo una cosa, che dovrebbe stare proprio al centro (mentre il resto fare da contorno): la musica. Si studiano nuovi passi di danza, oppure ci si applica sul portamento ( convinto e da piacione). Non metterei mai in discussione la buona volontà di chi sceglie di fare questo lavoro ( nel vero senso della parola, visto che termina solo al calare del sole), ma la mia idea di adorazione di un certo aspetto musicale non ha senso se la musica non viene considerata elemento indispensabile.
Devo ricredermi in questi giorni del 2011, dopo l' ascolto di Badlands di Dirty Beaches, una onemanband formata da Alex Zhang Hungtai, canadese di origini asiatiche. Nato in Taiwan, porta con sè la musica Rockabilly in America per sfornare un disco che stà accogliendo critiche favorevoli da un pò tutte le testate giornalistiche musicali online e non solo ( manco a dirlo, il solito Pitchfork in testa). Questo genere - che ormai, considerato le premesse, potremo definire dagli occhi a mandorla - viene unito ad un sound all' insegna del Lo-Fi e della No-Wave più confusionaria per andare a formare un suono da... spiaggie sporche. Ruvidi, lenti, rumorosi e meccanici: i suoni di Badlands si fanno largo con una prepotenza ( ed altrettanta ingombranza) riscontrabile solo nei più resistenti Panzer tedeschi. Li accompagna un mood che tratta temi di lontananza e spostamento dalla madrepatria, spesso tristi. Otto brevi flash, ripetuti allo sfinimento, conclusi soltanto quando l' ultima catena ha terminato di stridere ma allo stesso tempo interpretati con tanto ardore da Hungtai. Per inquadrare bene il sound così eclettico di Badlands, basti pensare ad Elvis Presley che scende negli inferi per vendere la sua anima al diavolo al fine di risultare grezzo e cattivo. Lui, già sazio di quella di Robert Johnson, rifiuta, costringendo il Re del rock a fare marcia indietro. La delusione è tanta, ma durante il suo percorso trova comunque il tempo per apprendere un pò di cose, in particolar modo dai Sonic Youth, tanto che la prima parte del disco sembra quasi una copia carbone di Confusion is Sex, ma il paragone si potrebbe estendere anche per le prime quattro uscite. Non proprio tutta quella capacità compositiva che si aspettava quindi, potremo definirlo un talento sbocciato a metà. Ma, considerato che questo album - così come le precedenti quattro registrazioni - è stato registrato con pochi strumenti, peraltro di seconda mano, non mi resta che augurare al canadese di trovare ben presto una major che consenta di farlo crescere al massimo, a partire proprio dalla qualità audio.
Si parte con il suono del treno di Speedway King, canzone che di veloce ha davvero molto poco, per passare ad una Horses che emula nella voce il divo fifties già citato. Sweet 17 è un concentrato di rock n' roll ( sempre suonato col freno a mano) abbagliante nella sua sensibilità vocale prima ancora che nel ritmo, che presenta comunque un buon inserimento di chitarre alla fine del primo minuto. Dopo una A Hundred Highways costituita già da un discreto sound, maggiormente robusto e fluido allo stesso tempo, si passa all' altra metà del disco, dove ad attenderci al varco c'è una True Blue che segna il picco compositivo del disco, proiettandoci direttamente in un set cinematografico pieno di belle donne, fumi e luci opache. Lord Knows Best segue lo stesso copione, risultando però più cruda e spigolosa, fine di un disco che vedrà in scaletta due brani completamente strumentali, di cui Hotel migliore per l' andatura minacciosa e tenebrosa.
Certo, persino alle orecchie dei meno allenati non sarà sfuggito il fatto che questo Badlands sarebbe da catalogare più come extended play che come album, considerati i soli ventisei minuti lungo cui si protende. Ma tant'è, giudicando il risultato, lo si può definire in maniera assolutamente non esagerata come un perfetto riassunto di ciò che artisti ( in alcuni casi ben più noti) andavano cercando. Ovvero la fusione, seppur non sempre ottimale, di musica Lo-Fi e Rock n' Roll. Niente riesce al primo colpo, lo dice pure lo spot di un noto marchio. Ad Alex Zhang Hungtai stava quasi per riuscire, ma la mancanza di una line-up consolidata che sappia offrire un apporto serio al suono ed una registrazione spartana hanno fatto svanire il miracolo. Peccato. O forse meglio così. Alla prossima puntata.