Voto: 
9.0 / 10
Autore: 
Marcello Zinno
Genere: 
Etichetta: 
Mercury Records
Anno: 
1984
Line-Up: 

- Ronnie James Dio - voce, tastiera
- Vivian Campbell - chitarra
- Jimmy Bain – basso, tastiera
- Vinny Appice - batteria
- Claude Schnell - tastiera (live)

Tracklist: 

1. We Rock
2. The Last In Line
3. Breathless
4. I Speed At Night
5. One Night In The City
6. Evil Eyes
7. Mystery
8. Eat Your Heart Out
9. Egypt (The Chains Are On)

Dio

The Last in Line

L'ultimo della fila. Un titolo tra il sacro ed il profano, una dichiarazione di appartenenza troppo autentica per una band il cui nome è proprio Dio. Lontani anni luce da intenti blasfemi, mentre più piacevolmente corteggiati da ambientazioni epiche/fantasy, i Dio prendono il nome proprio dal loro leader Ronnie James Dio (anche questo un nome d'arte) che fuoriuscito dai Black Sabbath, pur sostituendo egregiamente Ozzy Osbourne, e orgoglioso dell'esperienza nei Rainbow seppur rattristato per la conclusione, decide di mettere su un progetto solista. In realtà la classificazione di progetto solista non sarà chiara solo dal nome bensì anche dalla costante presenza di Ronnie, instancabile rispetto ai tantissimi cambi di line-up del secondo periodo della band, dopo la tripletta Holy Diver – The Last In Line – Sacred Heart. I Dio, non a caso, rappresentano la vera esaltazione dei gusti di Ronnie, l'hard & heavy roccioso ma mai ruffiano, il rock tecnico ma mai suonato per autocompiamento, i riff diretti ma mai semplici; dopo infatti le sonorità hard rock lugubri e più settantiane dei Black Sabbath e le influenze più progressive e guitar-centriche (o egocentriche, essendo ideate da Mr. Ritchie Blackmore in persona) dei Rainbow, Ronnie da sfogo a ciò che veramente ha nel cuore, consapevole di aver già dimostrato tutte le sue innumerevoli capacità negli anni precedenti. Questa idea di musica è ancora più osannata nei primi anni della band da una formazione da urlo: non solo la presenza di Vinnie Appice (ex-Black Sabbath) stende un alone sull'eventuale presenza di Ronnie come unica special star della band, ma anche Jimmy Bain (noto già tra le fila dei Rainbow) e soprattutto l'originalissimo Vivian Campbell (che passerà successivamente niente meno che ai Whitesnake) regalano una dose incontenibile di ossigeno alla proposta musicale dei Dio.

I primi minuti sono lontani anni luce da tutto ciò che è morbido e non risulta affatto infedele rispetto al precedente ed ottimo lavoro: già dal titolo We Rock non si lascia scampo a compromessi ma la cavalcata costante della sezione ritmica è solo un assaggio delle tiratissime composizioni che arricchiscono questo album. Lo stile è puramente anni '80, epico ma compatto e pur rifacendosi ad una tradizione ormai congelata anticipa un sound che sarà vivissimo per tutto il decennio ed ancora oggi riproposto da nuovi e vecchi nomi. La title-track sembra annunciare una ballad, ma cio è impossibile visto che siamo solo alla traccia numero 2: infatti dopo un arpeggio emozionante di Vivian (sempre all'altezza dei chitarristi che hanno accompagnato Ronnie in passato...per comprendere la sua importanza anche rispetto allo stesso singer potremo agevolmente affermare che Vivian sta a Ronnie come Randy Rhoads sta ad Ozzy Osbourne) parte l'esplosione degli strumenti anticipata da un grido di guerra dello stesso vocalist.
Qui i tempi più stoppati richiamano tutti i comandamenti dell'hard rock, rispettandone ogni singolo cardine, così come in Holy Diver se ne era apprezzata l'adulazione. Non a caso è proprio la successiva Breathless che forza il richiamo su Gypsy, già concepita un anno addietro, soprattutto nel ritornello pieno di ferocia ma ristretta come a rispettare il significato del titolo; ed è di nuovo Vivian che dà del suo ed impreziosisce il brano con un assolo molto lungo ed arrangiamenti di grande gusto. Anche la successiva I Speed At Night vuole omaggiare il suo titolo grazie ad un ritmo molto più veloce ed una cadenza decisa come dei colpi di ascia inferti senza pietà; i riff infatti senza spodestare gli altri strumenti da ogni singolo brano riescono a dare colore, motivo e significato ad ogni singolo elemento compositivo.

Proprio quando ci sembra di aver raggiunto l'apice partono le note della emozionantissima One Night In The City che torna su temi hard rock in stile Breathless ma grondanti di epicità senza l'uso né di organi né di cori: una vera e propria lezione di musica. Il fattore che regala una piacevolezza tale da rendere quest'album immortale risulta la graffiante voce di Ronnie accostata ad una chitarra assolutamente sapiente come quella di Campbell: insieme possono tutto e lo confermano anche le ulteriori tracce, nessuna sotto tono. Mystery abbadona questa aggressività per acquistare un sapore più rock americano, un sapore che potrebbe farla apparire come un brano lento ad alcuni o come un rock appagante ad altri, sta di fatto che con delle carte un pò diverse i Dio giocano la stessa partita. E  la partita conquista una degna conclusione con la sferzante Eat Your Heart Out, che ricalca il trademark incancellabile dell'elfo vocalist, ma soprattutto con Egypt (The Chains Are On), il brano più complesso ed empatico del full-lenght che ci trascina a forza ai tempi di Heaven And Hell. Per qualche minuto Bain veste i panni di Geezer Butler spezzando la melodia in una processione cadenzata e funesta ma è dal bridge in poi che la canzone assume una forma diversa, quasi teatrale, malinconica ma vittoriosa, nella stessa misura in cui questo The Last In Line vince il passaggio delle generazioni ed il correr via del tempo. Un'opera gloriosa che va ascoltata ancora.

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