- Bruce Dickinson - voce solista e composizione
- Roy Z - chitarre e produzione
- Eddie Casillas - basso
- Dave Ingraham - batteria e percussioni
1. Cyclops (07:57)
2. Hell No (05:12)
3. Gods of War (05:02)
4. 1000 Points of Light (04:25)
5. Laughting in the hidind bush (04:21)
6. Change of heart (04:59)
7. Shoot all the clowns (04:24)
8. Fire (04:30)
9. Sacred Cowboys (03:54)
10. Tears of the Dragon (06:20)
Balls to Picasso
Un disco molto interessante questo Balls to Ricasso, secondo nella discografia solista Dickinson, e sicuramente tra i migliori riusciti. A permeare l'album è un particolare Heavy Metal dalle tinte malinconiche e fredde, a tratti angoscianti che si allacciano perfettamente allo "squallido" immaginario dell'artwork, per un ensemble atmosferico e suggestivo.
Gli otto minuti dell'iniziale Cyclops spiazzano a primo impatto scagliando contro una chitarra rocciosa che temporeggia ad un ritmo robotico assieme ad un basso distorto e profondo, per poi sfociare entrambi, coadiuvati da una esplosiva batteria, nel refrain condotto dalla magistrale voce di Mr.Bruce che si impegna per tutta la canzone ad interpretare un testo disperato che vede la luce solo sul finale, dove echi di ipnotici acuti si intrecciano su di una melodia in tapping di maiden-iana memoria che lascia inesorabilmente un forte senso di pace interiore.
Su questa linea parte Hell No, bellissima nel suo incedere plumbeo che altalena ritmiche opprimenti e quasi tribali a catartiche urla di liberazione, anticipando avant-guardisticamente uno schema Metal al tempo sviluppato forse, e solo in parte, dagli unici Soundgarden nel loro seminale Screaming life/Fopp, ed oggi ripreso a circa dieci anni di distanza da moltissime band; su tutte i Tool di Lateralus.
Gods of War, terza traccia, mostra il lato più epico di questo Balls to Ricasso, trovando l'apice nel pesantissimo ritornello sorretto da una chitarra ai limiti del Thrash che a metà song si "perde" in un vorticoso riff di indubbie radici Classic Heavy Metal, per poi chiudere definitivamente su un anthemico e ancora epicissimo cantato di Dickinson, ispiratissimo e caldissimo.
Più scontata 1000 Points of Light, specie nel bridge centrale con una distorsione granitica e melodica ma che sa di già sentito. Le sorti si risollevano con la parte conclusiva dove un potentissimo riff si allaccia magistralmente ad un solo che chiude in un arpeggio efficacissimo su cui Bruce, perennemente in primo piano su questo disco, mostra le sue eccelse doti canore.
E ancora un massiccio riff ad introdurci nei meandri della quinta traccia, tale Laughting in the Hiding Bush, questa volta sorretto però da una magnifica armonizzazione a cui Bruce, ancora una volta, dona la sua splendida voce, "dolce" in questa parte per poi tornare a graffiare sul possente refrain, il primo dell'LP ad essere così diretto. Magnifico l'assolo di questa canzone che fa il paio con quello di Cyclops mettendo in evidenza un Roy Z purtroppo e ingiustamente poco conosciuto ma decisamente valido e di gran gusto.
Arriva il momento di una ballad, Mr. Dickinson lo capisce e mette in lista, in sesta posizione, una particolarissima Change of Heart dal testo bellissimo e Noir e dal bridge romanticissimo, quasi volesse essere una serenata; da brivido la prova di Bruce che poi si estende nel ritornello più tipicamente metal seppur melodico. Ma subito ritornano le calde note "spagnoleggianti" e le calde percussioni in un mood quasi esotico su cui il buon Bruce Bruce, come già detto, tesse le ragnatele più commuoventi del disco. Sul finale la ballad è in un lento crescendo che poi si spegne in uno sfumando estremamente azzeccato.
Più easy listening la successiva Shoot all the Clowns, dal ritmo stranamente Rock'n'Roll che nella parte centrale si tramuta addirittura in un folle Funk-Metal.
Un simpatico "riempitivo" che ha il compito probabilmente di spezzare l'alone un po’ angoscioso venutosi a creare con le precedenti song. A metà strada tra le prime tracce e quest'ultima, è Fire, che nella sua indifferenza risulta essere l'unica canzone decisamente trascurabile.
Dopo questa parentesi torna l'Heavy Metal più diretto con la nona e penultima traccia, Sacred Cowboys, dove ad un riff stoppato e per certi versi Powereggiante si sposa uno strano cantato ai limiti del Rap che prepara l'ascoltatore al solito chirurgico refrain.
Il disco giunge al termine chiudendo le danze con una perla di rara bellezza: Tears of the Dragon. Non ci sono molte parole per descrivere questa "opera" scritta interamente dal solo Dickinson, che vanta essere tra le migliori mai scritte nella discografia Bruce Dickinson, nonchè tra le migliori Heavy metal song degli anni '90; ascoltare per credere.
Ad impreziosire il tutto ancora un magistrale solo dello scatenato Roy Z che ci mostra tramite i suoi arpeggi intimisti anche una facciata più prettamente passionale. Circa otto commuoventi minuti cantati con il cuore da un artista che all'epoca aveva da poco cominciato la sua ardua avventura solista. La band che accompagnava l'istrionico front man è all'altezza della situazione e a spiccare su tutti è il come più volte ribadito chitarrista Roy, ancora oggi troppo poco rinomato. Lo stesso axe man ha prodotto tutti i dischi dell'Air Raid Siren, ed anche lì, ad onor del vero, il lavoro è stato più che soddisfacente; ricordiamo anche il suo operato produttivo negli Halford, e nell'ultimo Judas Priest, Angel of Retribution.
Balls to Ricasso è un lavoro molto personale che proietta l'ex Maiden un po’ fuori dai soliti clichè Heavy; chi si aspetta un solito song-writing simile alla Vergine di Ferro dovrà rimanere deluso, ma chi volesse ascoltare qualcosa di un più originale troverà pane per i suoi denti.
La scritta che svetta alta nel booklet Inspired by number 6 lascia un alone di oscuro mistero mistico, del resto come la stessa figura dell'inglese e della sua carriera discografica. In definitiva un disco non troppo "sponsorizzato" ma che merita sicuramente qualcosa in più.