- Leif Jensen - Vocals
- Michael Borchers - Lead Guitar
- Martin Walczak - Rhythm Guitar
- Alexander Pahl - Bass
- Marc-Andrée Dieken – Drums
1. Downfall (Instrumental) 01:47
2. Arise From Decay 04:38
3. The Invocation 03:38
4. Have No Mercy On Us 04:37
5. Artificial Life 03:45
6. Condemnation 03:05
7. Totem (Instrumental) 01:06
8. Torn To Shreds 03:48
9. Revel In Contempt 04:01
10. A Critical Mass 04:43
11. Global Hysteria 04:29
12. Slaves Of Consent 06:19
Invocation
Molto importanti per il panorama death/thrash europeo, i tedeschi Dew-Scented si formano nel lontano 1992 nella Bassa Sassonia e giungono con questo Invocation al traguardo dell’ottavo album, serie inaugurata nel 1996 con il primitivo Immortelle. Il loro stile non ricalca esattamente lo stile che va tanto di moda ora nel panorama metal estremo, ovvero quello proveniente dalla Svezia ma preferisce attingere in gran parte dal thrash metal statunitense per aggiungerci influenze evidenti dei Vader, soprattutto per quanto riguarda la fase solista sempre leggermente più accessibile per stile e melodie e per ciò che riguarda il cantato ruvido ma mai così estremo, fungendo da ponte tra i due generi.
Sin dalla ferale, veloce Arise from Decay possiamo notare la quantità di riffs che le chitarre sputano fuori. Essi sono molto serrati e con chiare influenze Bay Area, soprattutto per quanto riguarda alcune cavalcate in palm muting. Meno impulsiva per certi aspetti ma pur sempre letale la successiva The Invocation, la quale mostra maggiore cura per il fraseggi di chitarra ed alcuni momenti in più di mid-tempo. Ad ogni modo le ripartenze di veloce doppia cassa spesso spezzano il sound donando una grinta notevole. Le entrate prepotenti degli up tempo in Have no Mercy sono veramente esaltanti poiché pregne di stop and go ad introdurre persino i primi blast beats, segno che la band vuole sfoggiare tutto il suo repertorio di brutalità e ci riesce in pieno. Sapete, utilizzare i blast beats nel death/thrash a volte è rischioso poiché si potrebbe avere l’impressione che il tutto sia slegato e persino troppo veloce ma con loro non è così perché non vengono abusati e, anzi, sono usati sporadicamente dove servono per dare quel tocco in più che coinvolge sia la brutalità che la velocità.
Artificial Life si sviluppa su una base prolungata di lavoro di doppia cassa e le altre sezioni sono prevalentemente in mid-tempo con alcuni momenti in controtempo, con un ottimo riffing a donare un’aura oscura ed affascinante. Ottime le melodie della strumentale Totem a donarci un momento di pausa ma anche ad introdurci in maniera perfetta una veloce e tagliente Torn to Shreds, forse l’episodio più impulsivo del disco. Non c’è molta fantasia, a dire il vero essa praticamente è nulla, ma fa sempre piacere ascoltare una band così legata agli albori del genere che non si lascia tentare da virate commerciali. Ottime le melodie darkeggianti poste in apertura di Revel In Contempt, come anche quelle sparse qua e là in A Critical Mass a dare varietà in una marea di up tempo. Dopo la buona dose di tempi medi in Global Hysteria, il disco si chiude con la lunga Slaves Of Consent , abbastanza articolata e specie di summa dello stile utilizzato finora.
Pur non essendo un prodotto rivoluzionario, Invocation si propone come una buona opportunità di ascoltare qualcosa di schietto, sincero e senza troppi fronzoli. Io dico sempre che in questi anni di sperimentazioni a volte eccessive, ogni tanto fa sempre bene ricordarsi da dove siamo partiti.