- Schmier - Voce e basso
- Mike Sifringer - Chitarra
- Marc Reign - Batteria
1. Soul Collector (04:46)
2. The Defiance Will Remain (04:16)
3. The Alliance of Hellhoundz (05:21)
4. No Mans Land (04:31)
5. The Calm Before the Storm (04:59)
6. The Chosen Ones (05:06)
7. Dealer of Hostility (04:17)
8. Under Surveillance (03:39)
9. Seeds of Hate (06:11)
10. Twist of Fate (02:56)
11. Killing Machine (03:31)
12. Memories of Nothingness (01:01)
Inventor Of Evil
Grande, grandissimo ritorno per una delle tre colonne del Thrash teutonico: i Destruction sono di nuovo sul campo di battaglia e la macchina da guerra sembra ancora più battagliera del solito. Gruppo capace di farsi amare alla follia dai propri fan più accanati e allo stesso tempo di provocare sentimenti di rigetto nell'animo di altri, che considerano i tre tedeschi, capitanati da uno Schmier sempre in formissima, quasi l'ultima ruota del carro germanico e nella loro carriera mai all'altezza dei due mostri sacri Sodom e Kreator. Al di la dei gusti personali, dopo alcuni album probabilmente mediocri negli anni '80, i Nostri si sono ributtati nella mischia all'inizio del nuovo millennio con uscite in grado di riportarli in auge.
Band dedita in tutto e per tutto alla causa del Metal mondiale: i loro concerti sono sempre una grande prova di umiltà, professionalità, rabbia e divertimento e l'amore verso i fan è dimostrato dal fatto di trovare sempre tempo per loro, come si è visto all'ultima edizione del Tradate Iron Fest. Insomma, in questo mondo diventa sempre più difficile trovare artisti che anche con più di vent'anni di carriera alle spalle continuano a comportarsi in maniera esemplare verso chi paga per vederli suonare.
Passando all'analisi dell'album, bisogna dire prima di tutto che la produzione curata da Peter Tagtren (cantante e chitarrista di Hyposcrisy e Pain) è semplicemente devastante: tutti gli strumenti sono nitidi ed estremamente carichi, anche se a volte tutta questa perfezione per ogni minimo particolare, rende il lavoro leggermente freddo. Come ormai da tradizione per i Destruction targati 21° secolo, il disco si apre con una song in perfetto stile Thrash, velocissima e potente e arricchita dall'inconfondibile cantato di Schmier. Soul Collector è una bella mazzata, che risente anche di alcuni ultimi lavori provenienti dagli Stati Uniti. Riffing che ha il sapore di antico, ma allo stesso tempo modernizzato dalla produzione. A seguire The Defiance Will Remain: canzone veramente coinvolgente, grazie a quel song writing che ci fa amare tutt'ora, anche se oggigiorno passato di moda, il caro vechhio Thrash, unito ad uno strano stacco scomposto, diffilmente riscontrabile nei lavori precedenti. Un qualcosa che forse non si unisce perfettamente al resto della song, ma comunque efficace e piacevole.
Ed ecco finalmente quella famosa traccia che aveva fatto parlare molto si sè prima dell'uscita del disco: The Alliance Of The Hellboundz, che oltre a Schmier dietro al microfono vanta la partecipazione di Biff (Saxon), Doro, Shagrath (Dimmu Borgir), Speed (Soilwork), Paul Di Anno (ex-Iron Maiden/Killers), Messiah (Candlemass), Mark Osegueda (Death Angel), Peavy (Rage) e lo stesso Peter Tagtren. Più Heavy metal rispetto a tutto il resto del disco, però con un fascino particolare, che la rende una delle più interessanti. Assolutamente in primo piano Messiah (da brivido), Doro e Shagrath. Dopo questa parentesi, riassunto di tutta la filosofia Destruction, si ritorna al classico con No Mans Land, che ovviamente risponde a tutte le caratteristiche tipiche del trio teutonico. Sempre di alto livello, ma sicuramente non innovativa.
Brusco cambio di stile con The Calm Before The Storm. Mai titolo fu più azzeccato: questa specie di mid-tempo inframezzata da parti acustiche molto melodiche dimostra tutto l'interessamento della band verso sonorità più moderne, vicine alla proposta di band come i Grip.Inc di Dave Lombardo, senza dimenticare la propria attitudine. Infatti il ritmo si alza nel proseguimento della canzone, grazie ad una doppia cassa degna compagna di viaggio. Quindi, dopo la calma arriva la tempesta: si ritorna a velocità più elevate e riff più selvaggi ed ecco The Chosen Ones. Purtroppo da tanto tempo i Destruction ci hanno abituato ad album veramente potenti, ma anche un pò ripetitivi. Questa parte centrale tende così a cadere nella banalità e non soddisfare appieno i fan che non li amano alla follia. E nella stessa maniera passa Dealer Of Hostility, però più coinvolgente grazie al suo riffing che ricorda tanto tanto la Bay Area ed intermezzi più moderni.
Abbiamo così superato la metà del disco. Il tutto si fa più cupo grazie alla seguente Under Surveillance: voce più sporca per Schmier (e qui il tocco di Tagtgren si fa sentire), cori coinvolgenti e testo di forte critica verso la società, tema comune nei gruppi tedeschi cresciuti a pane e Hard-core. Dal sound moderno e più particolare segue Seed Of Hate, salvo poi evolversi quasi subito nel classico songwriting e vedere di nuovo la partecipazione di Messiah Marcolin nel ritornello (a dir la verità presenza quasi impercettibile). Sprint finale composto da Twist Of Fate, molto simile allo stile dei primi Testament, e Killing Machine, ovvero un promemoria per chi per caso non riconoscesse o non si ricordasse che a suonare sono i Destruction. A conclusione del tutto Memories Of Nothingness, breve strumentale dal gusto folkeggiante e melodico.
Che dire dunque? Il macellaio pazzo è ritornato, e questo non può che rendere tutti gli amanti del Thrash molto felici. Un disco che sicuramente i fan più tradizionalisti adoreranno in maniera quasi morbosa, ma che per le stesse caratteristiche dei Destruction dopo qualche ascolto diventa ripetitivo e quasi noiso per tutti gli altri. Ciò non toglie che l'album è prodotto in maniera perfetta e che il livello del song writing è veramente ottimo. Una prova soddisfacente e canzoni che senza ombra di dubbio daranno il loro massimo dal vivo, punto di forza della band teutonica. Necessario per chi non sa vivere senza la gigantesca presenza di Schmier nel proprio stereo, un acquisto consigliato per tutto il resto del mondo.