Demonaz - Vocals
Ice Dale - Guitars and Bass
Armagedda – Drums
1. Northern Hymn 00:50
2. All Blackened Sky 04:27
3. March of the Norse 03:41
4. A Son of the Sword 04:35
5. Where Gods Once Rode 05:11
6. Under the Great Fires 06:34
7. Over the Mountains 05:07
8. Ode to Battle 00:39
9. Legends of Fire and Ice 04:24
10. Digipak edition bonus track (originally written in 1998): Dying Sun
March of the Norse
Ogni amante del black metal ed ogni amante degli Immortal sa quanto sia stato importante l’apporto della chitarra di Demonaz sin dagli esordi del gruppo capitanato da Abbath. Demonaz Doom Occulta (Harald Nævdal – 6 luglio 1970) iniziò la sua carriera da chitarrista nel 1988, quando entrò nelle file dei mitici Amputation, una delle primissime band di Bergen (e della Norvegia) a suonare un genere estremo, il death metal.
Parallelamente, un altro progetto stava crescendo in quegl’anni di grande fervore ed è così che nel 1990 si aprì per lui una piccola ma importantissima parentesi negli Old Funeral, oggi gruppo di culto perché allora annoverava nella sua line-up in continuo mutamento personaggi del calibro di Jørn Inge Tunsberg (che di lì a poco avrebbe formato gli Hades/Hades Almighty, dopo aver suonato per poco proprio con gli Immortal), Kristian Vikernes (aka Varg Vikernes) e il suo futuro compagno di avventure Olve "On The Egg" (aka Abbath) Eikemo.
Il gruppo, che allora si presentava come una sorta di clan anti-Cristiano, attirò molte attenzioni sgradevoli su di sé, sopratutto da parte della stampa per dei fattacci che tutti noi conosciamo. Fu così che Demonaz ed Abbath (i più tranquilli e pacati della banda) decisero di prendere immediatamente le distanze da tale ambiente e di formare un gruppo per conto loro, un gruppo che si distaccasse dalle tematiche Sataniche: nacquero così gli Immortal. Da sempre, veneratori folli dei Bathory, Abbath, Demonaz ed il batterista Armagedda diedero alle stampe il loro debut-album, quel Diabolical Fullmoon Mysticism che fece la storia nel genere.
Lo split con Armagedda prima e l’abbandono di Demonaz per problemi di tendinite al braccio dopo (successivamente alle registrazioni di Blizzard Beasts – 1997), fecero sì che la band proseguisse con il solo Abbath tra i membri originali. Demonaz rimase a scrivere i testi delle canzoni.
Non c’è quindi da sorprendersi se dopo undici anni il nostro fido ex-chitarrista sia ritornato in qualche modo attivo nel panorama musicale. La sua passione viscerale per il genere deve averlo portato a non accontentarsi più del ruolo di writer, guidandolo invece verso una carriera solista coraggiosa che inizia nel 2011 con questo album, March of the Norse.
Coadiuvato da Ice Dale alla chitarra e basso e dal clamoroso ritorno di Armagedda alle pelli, Demonaz vuole tributare una sorta di elogio musicale al genio di Bathory epoca Blood Fire Death/Hammerheart. Il suond di Demonaz & Co. è glaciale, trionfale in alcuni punti , epico e pregno dell’animo Viking fino al midollo ed anche se non tutte le tracce sono riuscite al cento per cento, il piacere di ascoltare un album di questo genere è innegabile.
Lo stile é chiaro sin dal minuto di introduzione al disco, che porta il nome di Northern Hymn: arpeggi e cori Vichinghi presto lasciano spazio alle melodie sontuose di una fantastica All Blackened Sky, una delle tracce migliori del lotto. Le chitarre tracciano immagini di orizzonti gelati e voglie di conquista con un Demonaz che dietro al microfono prende molto dallo stile di Abbath, seppur senza quel tocco caratteristico unico dell’axe-man degli Immortal. Una canzone che potrebbe essere tranquillamente uno scarto di lusso di Sons of Northern Darkness per la sua commistione di assoli melodici, arpeggi freddi e tempi pomposi.
La title-track ne ricalca presto lo stile per alcuni momenti veramente ben riusciti, soprattutto grazie all’apporto del riffing, sempre ispirato nel ricreare le giuste melodie accompagnando un refrain tanto oscuro quando epico, seguito da alcune vocals meno estreme.
Forse tra gli episodi leggermente meno riusciti troviamo A Son of the Sword, leggermente ripetitiva ma grandiosa tuttavia nella sezione centrale grazie ai ritrovati cori ed alle melodie azzeccate in occasione dell’assolo di chitarra.
Avvicinandoci alla metà del disco scopriamo una ispirata Where Gods Once Rode che continua sullo stesso tempo minimale di batteria al fine di puntar, giustamente, sulle pesanti influenze Viking, tra cori in voce pulita e arpeggi. Seguono a ruota la canonica Under the Great Fires (decisamente migliore in occasione della sezione centrale arpeggiata e del seguente assolo) e la fantastica Over the Mountains, Immortal-style fino al midollo senza dimenticare Quorthon immortalato nel suo periodo migliore.
Avvicinandoci alla fine del disco possiamo ancora citare i cori di Ode to Battle e la finale Legends of Fire and Ice, altra traccia maestosamente coinvolgente, dall’anima Norvegese e dalla struttura epica che chiude più che degnamente l’album. Per coloro i quali compreranno l’edizione in digipack, rammento che sarà disponibile una bonus-track strumentale dal nome Dying Sun, originariamente composta nel 1998 e che ricalca fedelmente lo stile dell’album con un tocco Sabbathiano molto particolare ed azzeccato.
Tirando le somme, March of the Norse é un album da ascoltare più volte affinché possa essere apprezzato in tutte le su sfaccettature. Demonaz ha dato alle stampe un gran bel debutto che farà la gioia di tanti appassionati di Vinking Black metal e se i presupposti sono questi, ci attendiamo cose ancora migliori in futuro.