Rogga Johansson - Chitarra e voce
Dan Swano - Batteria e synth
Johan Berglund - Basso
1. The Dreams Without End
2. Flesh Festival
3. City of Ib
4. Monolithany
5. The Primitive Machine
6. Orbiting a Dead Sun
7. Scorn Empire
8. Monolithany pt.II
9. The Doom That Came To...
10. Sarnath (City of Ib pt.II)
Breath Of The Demiurg
Il ritorno di Dan Swano sulla scena Death metal lo vede alle prese non con le sue due armi preferite, la chitarra e la voce, ma con l'altra grande passione, ovvero la batteria. A fare da padrone in questa nuova creatura scandinava è infatti Rogga Johansson, già visto con Paganizer e Ribspreader, che riprendendo tutta la cultura death che da sempre contradistingue i suoi lavori cerca di sviluppare (anche grazie all'esperienza e le capacità dell'amico Dan) un sound capace di esplorare altri lidi e risulti così innovativo.
Grazie ad una produzione volutamente retrò e compressa, con suoni cupi e distorsioni sporche, i Demirug richiamano alla memoria tutta la tradizione death svedese, che vede negli Edge Of Sanity, negli Entombed, negli Unleashed e nei Dismembder i suoi maggiori esponenti. E proprio le sensazioni oscure che trasmettevano album come Left Hand Path o Clandestine sembrano aver ispirato tutto il percorso compositivo di Rogga. Ma per far ciò sono state integrate anche altre componenti: come per esempio l'uso delle tastiere e dei synth così cari ai Satyricon primi tempi e anche una sorta di groove thrashy figlio diretto dei Bolt Thrower.
Lo stupendo growl di Rogga, capace di sporcarsi ulteriormente o essere più clean in base alle esigenze, è un punto assolutamente a favore della band, mentre le linee di batteria di Swano non sono così stupefacenti, essendo sempre molto quadrate e tutt'altro che complesse. Ma il vero lavoro viene fatto sui particolari e sul contorno: se infatti i riff non si discostano molto, di volta in volta, dal goteburg suond o da quello di Stoccolma (tanto per riportare alla luce una vecchia dicotomia ormai morta e sepolta), la capacità del gruppo di inserire ogni tanto un passaggio con un pianoforte disarmonico e oscuro oppure qualche altro effetto, aumenta l'amtosfera nera e apocalitica del disco.
Breath Of The Demiurg è una manciata di canzoni che devono essere ascoltate con un minimo di attenzione in più, per gustarsi appieno le cose buone e non lasciarsi subito ingannare da quelle cattive. I capitoli migliori comprendono sicuramente l'opener The Dreams Without End, che appunto sembra essere il riassunto in musica di tutto quello detto prima, la melodica City Of Ib, Scorn Of Empire e anche Orbiting A Dead Sun, capace di elevarsi tra le altre per il punto centrale angosciante e arricchito da un piccolo assolo di basso, e l'apocallitica The Doom That Came To... .
Il problema di un album come questo, purtroppo, è che la sensazione di già sentito, di un sound non più fresco né nuovo, può allontanare ai primi ascolti. D'altro canto però, sia ad amanti del genere che non, può regalare qualche ora di divertimento se prestando più orecchio si percepiscono i piccoli particoli di classe sparsi all'interno del disco. Anche se dopo svariati ascolti può ritornare strisciante ed infida come al solito la noia, soprattutto per riff spesso troppo simili, ritmiche quasi a fotocopia l'una dell'altra e una produzione che da questo punto di vista non aiuta. Insomma un buon lavoro, senza ombra di dubbio, che però, diciamoci la verità, ha più richiamo grazie al nome di Dan Swano piuttosto che per un'effettiva superiorità rispetto ad altre uscite in ambito death metal.