- Joe Elliott - voce
- Phil Collen - chitarra, backing vocals
- Vivian Campbell - chitarra, backing vocals
- Rick Savage - basso, backing vocals
- Rick Allen - batteria, percussioni, backing vocals
Guests:
- Tim McGraw - voce in Nine Lives
1. Go
2. Nine Lives
3. C'mon C'mon
4. Love
5. Tomorrow
6. Cruise Control
7. Hallucinate
8. Only The Good Die Young
9. Bad Actress
10. Come Undone
11. Gotta Let It Go
Songs From The Sparkle Lounge
Da un po' di tempo ormai i Def Leppard stavano attraversando un periodo di piena confusione che ha avuto poi il suo culmine con l'uscita dell'inutile Yeah! del 2006, un album di sole cover in cui re-interpretavano in maniera piuttosto fredda, distaccata e soprattutto stilisticamente lontana da quello stile che li rese grandi negli anni '80, una sequenza di brani di alcuni artisti che avevano influenzato la loro formazione artistica, come T-Rex, David Bowie o Sweet. Seguirono inoltre ambigue dichiarazioni con cui essi lasciavano intendere di non voler essere più considerati una heavy metal band, cosa che magari poteva far pensare ad un certo voler mettere i puntini sulle "i" nella percezione che su di loro si aveva nel continente americano, dove un diverso modo di intendere la NWOBHM e tutto ciò che ne seguì li aveva visti troppo spesso accostati ad un certo tipo di fare rock che non gli apparteneva e non gli appartiene più già da tanto, tantissimo tempo, in pratica già dal loro secondo album.
Quando ormai tutti si erano rassegnati ad assistere all'ennesimo tentativo di commercializzazione di una band che sembrava rinnegare il proprio passato per cercare di assecondare il gusto delle masse, in una sorta di percorso bonjoviano, peraltro più sbiadito che mai, poiché non accompagnato dalla stessa fama e dallo stesso seguito in quelle fasce di età che dettano le regole del mercato in tali ambiti e di cui possono invece godere i loro citati colleghi, ecco che a riaccendere le speranze arrivano proprio all'inizio di questo 2008 le dichiarazioni con cui Elliott e compagni parlano in termini entusiastici del loro ultimo album, arrivando ad affermare che le nuove canzoni si rifanno allo stile di Hysteria ma con la produzione di High ‘N' Dry.
E' da questi presupposti e da questo susseguirsi di dichiarazioni ed intenzioni contraddittorie che nasce Songs From The Sparkle Lounge, ultimo album di inediti di quella che può a tutti gli effetti considerarsi una delle band di maggior successo, anche commerciale, dell'hard rock. L'ultima release del "Leopardo Sordo" si presenta subito con una chiara impronta vintage, data non solo da una copertina che ricorda quella di Sgt. Pepper dei Beatles, ma anche e soprattutto dalla ripresa di quelle sonorità glam rock e pop-rock degli anni '60 e '70, basti sentire la più lenta Love, delicata ed intensa composizione per voce e chitarra acustica, ma andrebbe benissimo anche col piano, in cui vengono omaggiati i Queen, o nella pur carina ma poco più che modesta Only The Good Die Young, in cui sembra di risentire un po' i Beatles e un po' i Cheap Trick.
Lo stile di Hysteria, come da loro stessi promesso, viene invece ripreso nell'ottima opener Go, dotata di chitarre che tornano a graffiare ed incidere come ai bei tempi, dando vita ad un pezzo grintoso e dal bel tiro, ma purtroppo è solo una breve illusione, destinata a lasciare presto spazio al glam-pop tinto di country del debole singolo Nine Lives, dove infatti si ha la partecipazione del singer country Tim McGraw, anche se le chitarre continuano ancora a mantenersi sullo stile di Hysteria. Si tratta soltanto di qualche contenuto bagliore, infatti pezzi come C'mon C'mon, Come Undone, la closer Gotta Let It Go, Tomorrow, quest'ultima risollevata solo in parte da un bridge e seguente refrain che ricordano quelle strutture vocali che fecero la fortuna di Pyromania, hanno tanto il sapore di quelle canzoncine pop-rock, nonostante la chiara attitudine glam/vintage ed una sempre più timida spruzzata di quell'hard rock che fu, che scivolano leggermente al primo ascolto per stufare già al secondo prima di essere definitivamente dimenticate.
A parte l'opener, il nuovo album dei Leppard le cose migliori le riserva nella parte centrale, dove riesce almeno in parte a ritrovare il giusto equilibrio tra la grinta e l'elettricità del loro passato e quelle melodie catchy ed avvincenti che li hanno da sempre contraddistinti, come si nota da Cruise Control, Hallucinate, in cui si torna un po' a respirare la vivacità, la melodicità e lo stile di Hysteria, e la più rockettara Bad Actress. Poca cosa, considerando che stiamo parlando dei Def Leppard e non di una band come tante altre, anche se l'album deve essere sempre e comunque valutato per quello che è il suo effettivo valore.
E così Songs From The Sparkle Lounge ci riconsegna i Def Leppard così come li avevamo lasciati, in uno stazionario stato confusionario che ormai colpisce anche noi, non chiarendo affatto se gli inglesi vogliono tornare a deliziare gli amanti dell'hard rock o se invece preferiscono avviarsi, peraltro ormai a tarda età, verso un sound meno coerente con la loro storia ma più remunerativo per le loro tasche, almeno nelle loro speranze. Certo, è anche vero che i Def Leppard si erano "ammorbiditi" già da un po' di tempo, fin da Slang del 1996, ma avevano sempre e comunque continuato a conservare un loro preciso marchio di fabbrica, che negli ultimi tempi con queste virate verso sonorità un po' pop-rock, un po' glam ed un po' vintage sta rischiando di perdersi per strada. Rimane comunque la certezza che Songs From The Sparkle Lounge rappresenta un passo avanti rispetto al suo predecessore di due anni fa, trattandosi tuttavia di un album che si lascia ascoltare con facilità e che seppure a tratti riesce anche a catturare e piacere, ma che difficilmente, anche senza voler necessariamente rimanere legati al loro irripetibile passato, lascerà tracce significative del suo passaggio nella storia di una band leggendaria come i Def Leppard.