- John Henry - voce
- Mike Schleibaum - chitarra
- Kris Norris - chitarra
- Paul Burnette - basso
- Ryan Parrish - batteria
1. Doomsayer (The Beginning Of The End) (04:03)
2. Sanctuary (02:13)
3. Demon(s) (03:49)
4. An Ethereal Drain (03:57)
5. A Paradox With Flies (04:26)
6. The Light At The Edge Of The World (01:43)
7. Stand And Receive Your Judgment (02:38)
8. Tunguska (05:32)
9. Fire In The Skies (03:19)
10. Full Imperial Collapse (02:40)
11. Deliver Us (04:47)
Deliver Us
Che lo si voglia o meno, i Darkest Hour hanno rivestito un ruolo fondamentale per la nascita e lo sviluppo del Metalcore più in voga in questo ultimo periodo, lo Swedecore. Dopo aver contribuito a dettarne gli stilemi con i lavori antecedenti al 2000, i Darkest Hour sono riusciti, pur non allontanandosi molto dai due generi di partenza (Death Metal di stampo svedese e Hardcore americano), a raffinare il proprio sound senza cadere nei soliti cliché che da sempre affliggono la scena. Nonostante ultimamente preferisca la quantità alla qualità, la Victory Records rischia perciò di infliggere un altro duro alla concorrenza, dopo i successi di Lift The Curse (Freya) e Broadcasting (Comeback Kid). Il dispiegamento di forze da parte della label americana per promuovere il nuovo album dei Darkest Hour è impressionante, tanto che Deliver Us finisce online già il nove giugno, un mese prima della sua uscita effettiva. L’attesa dei fan è grande, e non per niente: Deliver Us segue di due anni Undoing Ruin, disco che sancì a livello commerciale la definitiva consacrazione della band di Washington, e di un anno Archives, raccolta che comprendeva al suo interno i primi due, storici, EP del gruppo.
In materia di songwriting i Darkest Hour sembrano aver raggiunto picchi soltanto sfiorati in passato, arrivando a scrivere un album compatto, avvincente e maturo. Le undici tracce che lo compongono sono tutte caratterizzate da una sezione chitarristica impeccabile e dall’ottimo cantato di John Henry, i due assi nella manica del combo statunitense. Già dalla tirata opener Doomsayer (The Beginning Of The End) appare evidente come le chitarre rivestano un ruolo primario ai fini del prodotto finale, macinando riff taglienti e splendidi assoli incrociati. In sostanza, Deliver Us porta finalmente una ventata di freschezza nell’ormai stagnante panorama Metalcore; lo fa senza strafare (leggi Converge, The Dillinger Escape Plan) o cadendo nella più assoluta banalità (The Devil Wears Prada, Atreyu, e la lista potrebbe continuare all’infinito). Persino nei brani più canonici del disco, fra cui spicca l’infuocata Fire In The Sky, i Darkest Hour impartiscono una lezione di classe e stile a tutti quei miseri complessi cloni l’uno dell’altro.
Non è soltanto una questione stilistica o tecnica: i Darkest Hour ci mettono del loro, è questo che davvero conta. Lo dimostrano le sfumature personali di cui Deliver Us si colora, lo dimostra la presenza molto contenuta di clean vocals nel corso dei quaranta minuti complessivi, ma lo dimostra soprattutto la varietà sonora di cui l’album si rende protagonista. A composizioni piuttosto classiche come Sanctuary (pregevoli, oltre che inaspettate, le sue aperture melodiche) e Tunguska (caratterizzata da un lungo ed entusiasmante assolo) si alternano infatti frazioni decisamente più sperimentali, prima fra tutte la fulminea Full Imperial Collpase. Fra queste si pongono le restanti tracce: dall’orecchiabilissima Demon(s) alla ben più tirata Stand And Receive Your Judgment, dalle struggenti A Paradox With Flies e The Light At The Edge Of The World (più un intermezzo che una vera e propria canzone) fino alla conclusiva Deliver Us. Oltre a rivelarsi ottimi compositori, i cinque statuitensi sono anche buoni musicisti e non si tirano certo indietro quando è il momento di pestare sull’acceleratore o di sfoderare qualche assolo al vetriolo. A fine disco pare davvero di essere stati letteralmente investiti da un ondata di rabbia mista a melodia, una sensazione, questa, che si prova soltanto al termine di un lavoro scritto, composto ed inciso come si deve.
Forse qualcuno, specie negli ambienti più all’avanguardia, aveva bisogno di un ulteriore conferma che per suonare bene un genere non occorre necessariamente stravolgerlo. Ebbene, a queste persone è dedicato Deliver Us, una chiara dimostrazione di superiorità da parte di una band regina nel suo campo. Tutti gli altri lo avranno già capito: Deliver Us è un disco da avere, da ascoltare, da studiare. D’altronde, quando ci sono di mezzo i Darkest Hour, raramente si rimane delusi.