- Eike Freese - voce, chitarra
- Jörn Schubert - chitarra
- Alex Henke - basso
- André Schumann - batteria
- Martin Reichert - tastiere
1. Minus Exitus
2. Black September
3. Outside The Inside
4. The Dying Art Of Recreation
5. Exit Wounds
6. Seven
7. Interlude
8. No Way Home
9. Cold
10. Instrumental
11. Life For Blood
12. The Echoes Discipline
Minus Exitus
Con il presente Minus Exitus i tedeschi Dark Age giungono alla loro quinta uscita discografica, a ben quattro anni di distanza dal precedente disco self-titled e addirittura nove dall'esordio The Fall. Una carriera costellata da alti e bassi, ed un periodo di maggior notorietà legato alle due uscite ravvicinate Insurrection del 2000 e The Silent Republic del 2002, hanno permesso a questa band di ritagliarsi un proprio seguito in madre patria e nella vicina Francia.
Questo quintetto tedesco propone un melodic death metal che affonda le sue radici nella scena svedese del c.d. "Gothenburg" dei vari Dark Tranquillity ed In Flames a cui mischiano poi una ben dosata vena gothic in stile Tiamat, specie nell'utilizzo delle malinconiche linee melodiche, ritmiche spesso marziali e quasi power, modernismi di chiara impostazione -core e sporadici innesti elettronici, mentre l'interpretazione di Eike Freese risulta sempre aggressiva e lancinante, pur alternando vocals pulite al growl.
L'inizio affidato alla title-track fa subito capire quali siano le intenzioni della metal band di Amburgo, che mette in mostra il suo sound fatto di riff potenti, spesso anche ripetitivi ed ossessivi, ritmiche che sembrano prese a prestito dal power, alternando strofe in growl e chorus catchy con voce pulita, ricetta che si ripete poi nelle varie Black September, Outside The Inside, questa con tanto di doppia cassa in bella evidenza, o Exit Wounds. I brani sono però pervasi da decise linee melodiche, talvolta più aggressive tal'altra più malinconiche, che donano all'album nel suo insieme una certa fluidità e facilità d'ascolto.
Si distinguono poi, nel bene e nel male, brani dall'impostazione più moderna e -core, come The Dying Art Of Recreation, Seven, che pare prenda spunto dal quasi omonimo (Se7en) film del 1995 con Morgan Freeman, Brad Pitt e Gwyneht Paltrow, o ancora Cold. Più malinconica, melodica e ricca di soluzioni elettroniche è invece la più lenta No Way Home, particolarmente lontana dagli stilemi propri del death e piuttosto maggiormente diretta verso sonorità gothic, un pezzo emozionale e piacevole che presumibilmente però farà storcere il naso a chi non transige su certi aspetti, mentre la sorpresa finale è riservata alla fine, non tanto con la closer The Echoes Discipline, peraltro apprezzabile come anche Life For Blood, quanto piuttosto con la ghost track che altro non è che una riuscita e fedele cover di October degli U2.
Con Minus Exitus i Dark Age confezionano quindi un lavoro scorrevole e spesso anche piacevole, a tratti coinvolgente ed emozionante, ma a tratti anche statico e ripetitivo, specie in alcune soluzioni ed alcuni riff, dando quasi la sensazione che siano partiti da un paio di buone idee e ci abbiano poi ricamato sopra l'intero materiale per riempire il disco. Fanno eccezione comunque alcune tracce che allontanandosi sia dalla tradizione della scena melodic death svedese sia dalle tentazioni moderniste contribuiscono a conferire maggior varietà all'album, e contestualmente ne favoriscono e migliorano la resa complessiva.