- Shawter - voce e tastiere
- Franky - batteria
- Izikar - chitarra
- Werther - basso
- JP - chitarra
1. What Hell Is About (00:43)
2. Die Tomorrow (05:25)
3. The Fall of Men (02:50)
4. The Man You're Not (05:21)
5. Cancer (04:35)
6. It's All About Time (06:49)
7. The Things Apart (01:05)
8. The Things Within (04:15)
9. Livin'dead (03:39)
10. 042104 (01:23)
11. Morphine The Apostle of Your War (03:31)
12. The White Guy (suicide) (05:06)
What Hell is About
I francesi Dagoba si stanno ritagliando un discreto successo dopo essere approdati tra il 2005 il 2006 alla Season of Mist: debuttante con l’omonimo disco nel 2003, dopo aver autoprodotto un EP nel 2001, il quartetto marsigliese propone un Industrial martellante ed estremo, che lascia spazio alla melodia solo grazie all’impiego dei sintetizzatori e dell’elettronica in moderate sezioni.
What Hell is About, del 2006, è un’opera che lascia trasparire l’attitudine dei Dagoba nell’avvicinarsi allo stile dei norvegesi Red Harvest, compagni di casa discografica e da sempre massimi esponenti dell’Industrial/Groove più tecnico, futuristico, apocalittico e tenebroso.
Dopo l’introduzione What Hell Is About…, da cui già si intuisce la piega che assumerà l’album, si passa a Die Tomorrow (...What If You Should?), canzone non dotata di momenti di respiro, incessante nel suo incedere, devastante nell’approccio della batteria e della voce growl del cantante Shawter.
Le tastiere maestose si inseriscono efficacemente nella composizione ed il risultato è sicuramente soddisfacente, come dimostrato successivamente dall’impetuosa The Fall of Men, che non disdegna un certo feeling Metalcore, sempre permeato dai riff Industrial che, ininterrotti e vorticosi, si susseguono con potenza ed aggressività. La doppia cassa proposta da Franky alle pelli risulta tremendamente insostenibile, nonostante il quartetto cerchi di variare i temi delle chitarre per non scadere nella monotonia.
Sicuramente più coinvolgenti sono la quarta The Man You’re Not, non lontana dallo stile dei Rammstein dal punto di vista musicale (poiché la voce avrà una direzione opposta, molto più Death Metal-oriented) e la seguente Cancer, sostenuta dalla tuonante elettronica e appassionante nel suo andamento tipicamente Metalcore; compaiono per la prima volta delle splendide voci clean che permettono all’ascoltatore non solo di godersi un episodio diverso, ma anche di comprendere le potenzialità della band francese.
I riff delle chitarre sono infatti ben ideati in ciascun capitolo di What Hell is About, ma ciò che manca è la capacità di cambiare all’interno di uno stesso brano, contrapponendo passaggi di quiete agli altri violenti e filtrati. Tuttavia, si prosegue velocemente con la buona It’s All About Me e, dopo aver superato l’oscuro intermezzo The Things Apart, si giunge al ritmato The Things Within, assai avvolgente ed appassionante, sebbene costituisca un pezzo abbastanza simile ad altri presenti sul platter. Non viene data tregua neanche con Livin’ Dead, ossessionante e maligna nei suoi quasi quattro minuti di sfuriate e di penetranti riprese.
Discostante con tutto il genere del disco è l’acustica e rilassante strumentale 042104, ben modulata dagli archi e condotta negli arpeggi e negli accordi delle chitarre classiche di Izikar e JP. Solo un barlume all’interno di un cupo viaggio verso le follie musicali della formazione Industrial, che subito riprende con Morphine - The Apostle of Your Last War a macinare riff estremi per concludere il lavoro con un insipido The White Guy (Suicide), privo di elementi interessanti rispetto alla totalità di What Hell is About.
Il titolo del disco sembra essere adatto all’atmosfera creata dai Dagoba che, tra ritmi insostenibili, temi stoppati e parecchio frammentati dalle chitarre e una voce costantemente furiosa, riescono a portare a compimento un’opera infernale e sulla scia dei Red Harvest, che hanno da sempre impiegato questo stile come proprio cavallo di battaglia dall’inizio degli anni ’90.