- Robert Smith - voce e chitarra
- Simon Gallup - basso
- Perry Bamonte - chitarra
- Jason Cooper - batteria e percussioni
- Roger O'Donnell - tastiere
1. Lost (04:08)
2. Labyrinth (05:14)
3. Before Three (04:41)
4. The End of the World (03:43)
5. Anniversary (04:23)
6. Us or Them (04:10)
7. Alt.end (04:30)
8. (I Don't Know What's Going) On (02:58)
9. Taking Off (03:20)
10. Never (04:05)
11. The Promise (10:21)
12. Going Nowhere (03:28)
The Cure
Il Greatest Hits del 2001 segna la fine di un'era storica per i Cure di Robert Smith, poiché rappresenta l’addio con la Fiction Records, etichetta con cui la band ha condiviso attimi significativi ed importanti per tutta la durata della propria esistenza. Inaspettatamente, nel giugno 2004, il quintetto britannico ritorna sulla scena internazionale con il dodicesimo album di studio, chiamato per l’occasione con il nome più semplice e scontato: Cure.
Cure ripercorre la scia del precedente Bloodflowers (2000), proponendo un Dark Rock intriso di innumerevoli elementi Pop, che rendono la band ancora più visibile nel panorama musicale mondiale: il successo sarà infatti immediato e, qui in Italia, con grande sorpresa degli stessi fans, raggiungerà il secondo posto delle classifiche nazionali.
Ciò che apparentemente può sembrare un album di svolta, che raffigura l’inizio del contratto con la Geffen Records e che vede esibirsi un Robert Smith notevolmente cambiato dal ragazzino che interpretava Three Imaginary Boys o Pornography, invece non soddisfa per nulla le aspettative dei più assidui sostenitori della storica formazione inglese.
Come di consueto, Robert inserisce pezzi molto differenti tra loro sul piano stilistico, passando dal Dark più accentuato dell’opener Lost, ad interpretazioni più Alternative o ad altri sviluppi più Pop e commerciali: i Cure cercano di contrapporre motivi dissonanti ad altre sezioni prettamente orecchiabili e dirette ad un pubblico non costituito da esperti, ma di nuovi adepti del gruppo, che possano scoprire per la prima volta le sonorità del celebre combo.
Certamente Cure è il frutto di una costante evoluzione che ha interessato Robert sin dalla pubblicazione dello splendido The Head on the Door ed è proseguita con ciascun lavoro successivo; pezzi come Labyrinth assumono un approccio più alternativo e legato ai timbri di nuove realtà quali Nine Inch Nails e Placebo.
Before Three è quasi banale per un gruppo esperto come i Cure: il suo incedere Pop sia nell’impostazione vocale solare di Robert sia nei fluidi riff di chitarra sembra ormai un canone riproposto all’infinito dalla maggior parte delle nuove realtà Pop del momento.
I tre pezzi veramente degni di essere sotto la targa Cure sono The End of the World, Anniversary e Taking Off: se il primo e l’ultimo sono melodiche riproposizioni di ciò che Robert ha prodotto coi capolavori The Head on the Door e Disintegration, Anniversary rimane più chiusa e avvolta nel suo alone spettrale, di Pornographiana reminescenza.
Non si può certo parlare di capolavoro e neanche di buon ritorno da parte del quintetto, che presenta un prodotto piatto e privo di quel mordente a cavallo tra Rock depresso e musica più spensierata e spontanea. Da rivedere in parecchie delle sue parti, Cure presuppone, per essere valutato, un’adeguata conoscenza della storia compositiva di Robert, giunto ormai ad un bivio tra il passato New Wave e le nuove tendenze commerciali. Solo il futuro ci farà comprendere quale delle due strade deciderà di intraprendere il front-man: per il momento, il disco del 2004 si colloca in una posizione intermedia, che accontenterà il vasto pubblico internazionale, ma che farà storcere il naso agli amanti della Wave ottantiana.