- Ian Astbury - voce
- Billy Duffy - chitarra
- Chris Wyse - basso
- John Tempesta - batteria
1. Born Into This
2. Citizens
3. Diamonds
4. Dirty Little Rock Star
5. Holy Mountain
6. I Assassin
7. Illuminated
8. Tiger In The Sun
9. Savages
10. Sound Of Destruction
Born into This
Non si sa mai cosa aspettarsi da una band come i Cult!
Loro che nati nei primi degli '80 come esponenti di un gothic/dark che andava per la maggiore, cavalcarono poi, non senza una certa dose di ruffianeria, l'onda dell'hard n' heavy, per un verso anticipando e per l'altro sfruttando, lo street di fine anni '80 prima e il rock alternativo dei '90 poi, senza tuttavia mai rinunciare ad un proprio, inconfondibile ed indelebile, trademark di casa.
I due membri storici dell'act britannico, Astbury e Duffy si ripresentano a sei anni di distanza dall'ultimo Beyond Good And Evil con una nuova label, la Roadrunner, e con una nuova line up che vede l'ingresso in squadra del bassista Chris Wyse e del batterista, ex Testament e Rob Zombie, John Tempesta. Ma soprattutto si ripresentano con Born Into This, loro ultima fatica ed ottavo album in studio; un disco, come spesso accade con loro, diverso dai precedenti, in tal caso meno potente e più scarno, anche e soprattutto nella produzione, più orientato su territori propriamente rock, mentre rimane intatta la loro devozione verso il rock degli anni '70, una tendenza particolarmente rigogliosa in quest'ultimo periodo che ha visto diverse band riprendere questi stilemi seppure con approcci eterogenei e diversificati, si pensi ai vari Answer, Roadstar, Rose Hill Drive o Kings Of Leon.
Il singolo Dirty Little Rockstar, che ha anticipato l'uscita dell'album, se da un lato apporta elementi di assoluta novità, come il suono distorto e carico di effetti di chitarre che sembrano uscire direttamente da un qualsiasi lavoro di Lenny Kravitz, dall'altro conferma lo stile proprio ed unico della band, dato in particolare dalla voce di Astbury e dal guitar-work ora travolgente ora stoppato di Duffy. Dalla title-track posta ad apertura si sprigiona quell'impeto che ha da sempre caratterizzato il loro sound, una canzone quindi che segna una linea di continuità con il passato dei vari Electric e Sonic Temple, seguita sulle stesse coordinate da Citizens e Diamonds, in cui le chitarre sporche e le vocals appassionate si ritagliano sempre un posto in primissimo piano. Si sentono gli echi di Elvis Presley e Lou Reed nel rock retrò della piacevolissima ed intima Holy Mountain, unico vero momento di pausa, lenta ed acustica essa va infatti a rallentare i ritmi incalzanti ed impetuosi degli inizi, subito ripresi però sia dall'altrettanto valida I Assassin, che si fregia anche di cori e refrain riusciti ed accattivanti, sia da Illuminated, altro pezzo che perfettamente va ad inquadrarsi nella storia artistica del combo britannico, ma che poco nel complesso incide sulla buona riuscita dell'album.
Molto meglio invece Tiger In The Sun, che attualizza quel mood darkeggiante che decretò il successo dell'ottimo Love, per merito soprattutto della buona enfasi che Astbury riesce a trasmettere specie negli ariosi refrain, e non a caso risulta tra i brani maggiormente riusciti di Born Into This, che affida la propria conclusione all'inutile ed anonima Savages e alla più dura ed aggressiva Sound Of Destruction. I Cult ci lasciano così un album di godibilissimo rock senza eccessive pretese e senza mai smentire la propria natura, ma tuttavia evitando sempre di restare uguali a prima, com'è sempre stato nel loro stile.