- Sheryl Crow - Voce, chitarra, tutte le musiche
1. God Bless This Mess
2. Shine Over Babylon
3. Love Is Free
4. Peace Be Upon Us
5. Gasoline
6. Out of Our Heads
7. Detours
8. Now That You're Gone
9. Drunk with the Thought of You
10. Diamond Ring
11. Motivation
12. Make It Go Away (Radiation Song)
13. Love Is All There Is
14. Lullaby for Wyatt
Bonus Tracks (Japanese Version)
15. Rise Up
16. Beautiful Dream
Detours
Una delle più affascinanti madrine del pop rock statuintense è tornata: a tre anni dal precedente Wildflower, Sheryl Crow riappare infatti sulla scena musicale "leggera" d'oltreoceano con un altro disco, il nono in carriera, che risponde al nome di Detours, uscito il 5 Febbraio per la A&M, etichetta che accompagna la cantautrice del Missouri sin dai suoi esordi in campo musicale. Come per tutti gli altri lavori, in Detours la Crow si cimenta in un pop rock scanzonato e, come al solito, accompagnato da riferimenti blues, folk e country: canzoni semplici, ballate in equilibrio tra il romantico e una componente riflessiva più intensa e raccolta, riffing leggero e ricco di contaminazioni ma anche, e duole leggermente ammetterlo, di un'incapacità nel mostrare atmosfere nuove e diverse, perchè ogni singolo brano si aggrappa qui ad uno stantio filo conduttore che conferisce al disco poca varietà e lo restringe in un recinto di ripetitività.
Beh, da una cantautrice come la Crow non ci si potrebbe aspettare altro se non questo: le solite due-tre canzoni ascoltabili e poi un oceano di pezzi similissimi e altrettanto inutili, incatenati l'un l'altro in una danza sempre uguale e che non presenta vie di cambiamento. Tolte infatti l'opener God Bless This Mess (bella riflessione sull'America frammentata dei nostri giorni), la successiva e dylaniana Shine Over Babylon (miglior brano del lotto con il suo andamento lento ma passionale), Make It Go Away (profonda ballata folk pop adornata di leggere patine malinconiche) e qualche frammento della romantica Love Is All There Is, Detours si presenta come un prodotto immobile sotto il profilo creativo e decisamente poco propenso ad un cambio di vedute da parte di una cantautrice che sin dall'esordio Tuesday Night Music Club del 1993 è sempre rimasta vincolata ad uno stile che, se da una parte ha saputo ben miscelare il pop moderno con componenti country/folk/blues del passato, dall'altra si è rivelato fermo ed incapace di evolversi: basta fare un balzo da Now That You're Gone a Motivation, passando tra le scanzonate Gasoline e Love Is Free per averne la prova, pessima tra l'altro.
Certo, quando la Crow colpisce lo fa bene riuscendo sempre ad emozionare e, qualche volta, anche a commuovere, ma se su un disco di ben quattordici canzoni se ne salvano soltanto una piccola manciata, allora il risultato sarà sempre lo stesso: belle idee forzatamente concentrate in due-tre pezzi, vuoto espressivo nella restante dozzina. Detours non aggiunge e non toglie niente alla discografia della cantante/musicista statunitense (se non un pizzico di riflessione socio-esistenziale in più) nè tantomeno porta cambiamenti nella scena pop internazionale. Sembrerà il solito commento da svogliati ma non c'è null'altro da dire se non che si tratta del solito disco alla Sheryl Crow, per cui, chi vuole un ascolto leggero e disimpegnato troverà in Detours ciò che cercava, chi invece è alla ricerca di bella musica (nell'accezione estetica del termine), è meglio che si vada a fare quattro passi da qualche altra parte.