- Olliver Twisted - voce
- Martin Sweet - chitarra
- Peter London - basso
- Eric Young - batteria
Guests:
- Mick Mars - chitarra (in I Don't Care e Alone)
1. In The Raw
2. Like A Sin
3. Falling Rain
4. I Don't Care
5. Die Another Day
6. Alone
7. Thrill Me
8. Overnight
9. XTC Overdrive
10. Bound To Be Enslaved
11. The Buried Song
The Unattractive Revolution
Sembravano destinati a sciogliersi in seguito al tragico suicidio del loro frontman Dave Lepard, avvenuto nel gennaio del 2006 quando aveva solo 26 anni, invece i Crashdiet sembrano aver ritrovato lo spirito e la voglia per continuare la loro avventura, iniziata nel 2000 a Stoccolma, utilizzando la loro pagina web per la distribuzione dei propri demo, e suggellata nel 2005, quando vengono scoperti e messi sotto contratto dalla Universal, con l'ottimo esordio Rest In Sleaze, titolo che da solo basta ad identificarli in tutta la loro essenza.
Gli svedesi sono infatti artefici di uno sleaze/glam che riprende gli stilemi dell'hard rock di fine anni '80, influenzato in particolare dai loro connazionali Hanoi Rocks e dagli americani Motley Crue, tanto che in questo loro secondo lavoro hanno voluto la presenza del chitarrista degli stessi Crue Mike Mars, ospite d'onore per la realizzazione e l'esecuzione di I Don't Care e Alone. Reclutato così il nuovo cantante finlandese Olliver Twisted, ci riprovano a sbalordire con questo The Unattractive Revolution, disco uscito ad ottobre del 2007 e che mostra subito alcune differenze rispetto al soddisfacente album d'esordio. Innanzitutto il nuovo singer Olliver Twisted, pur se artefice di una bella prestazione, ha un approccio e una voce parecchio differenti rispetto al suo compianto predecessore, risultando meno graffiante e spontaneo, ma più diligente e quasi impostato, cosa che ovviamente va ad influire sugli esiti complessivi del loro sound. Questo infatti è meno sporco e sleazy rispetto a quanto messo in mostra nel precedente Rest In Sleaze, ma più cupo ed heavy, facendo affidamento su una produzione più moderna e potente che enfatizza il groove e su chitarre più heavy, completando il tutto con refrain e chorus dall'alto tasso adrenalinico, operazione quest'ultima che, ad onor del vero, non riesce sempre a dovere.
Tutto ciò lo si denota maggiormente proprio nella stuzzicante apertura, per merito dell'opener In The Raw, primo singolo estratto che sembra quasi uscito fuori da uno degli ultimi lavori degli Hardcore Superstar, davvero un buon brano, potente, veloce ed aggressivo, con riff pesanti e strofe quasi ossessive che si liberano nell'energico e vitale chorus. Spiccano anche Falling Rain, graziata anch'essa da un chorus sontuoso e di grande carica energetica, oltre che buone melodie, Die Another Day, trascinante ed adrenalinica, perfetta per le esibizioni live, grazie anche al suo chorus da stadio e alle scorribande del chitarrista Martin Sweet, e XTC Overdrive, trascinante ed esplosiva, ricorda un po' vagamente Youth Gone Wild degli Skid Row, ma con chorus più melodici, non male neanche la semi-ballad Alone, nostalgica ma sempre in possesso del giusto tiro, anche se i Crashdiet sembrano decisamente più portati per gli up-tempos trascinanti ed energici.
Reggono bene il passo anche Like A Sin, ed è ancora hard rock elettrizzante e dinamico, tra reminiscenze sleaze/glam di fine eighties e gusto melodico tipicamente scandinavo, e Overnight, in possesso di linee melodiche seducenti e coinvolgenti, caratterizzata anche da un sound più leggero rispetto a quanto offra il resto del lotto, rimane ancora la sfrontatezza di origine Motley Crue della più frenetica I Don't Care e della più dimessa Thrill Me, mentre si chiude riprendendo un po' lo stile d'apertura, ma sicuramente in tono minore, in quanto sia Bound To Be Enslaved che la closer The Buried Song non reggono minimamente il confronto con l'opener In The Raw.
Grazie a The Unattractive Revolution gli svedesi Crashdiet dimostrano di esserci ancora, nonostante i tragici eventi avessero fatto presupporre per loro un ritiro anticipato dalle scene, per di più confortati anche dalla buona prova del nuovo arrivato. Pur se un po' inferiore al precedente Rest In Sleaze, la release in questione mostra anche una lieve evoluzione nel sound della band, la quale pur rimanendo fedele all'immaginario hard rock del Sunset Boulevard apporta anche qualche contenuto, poiché sicuramente meno evidente di quanto visto ad esempio nei loro connazionali Hardcore Superstar, elemento di modernità.