- Fran Cosmo - voce
- Antonio Cosmo – chitarra, basso, tastiera, percussioni, backing vocals
- Mick Brooks – chitarra ritmica
- Bill Corman - basso
- Pat Orlowski - batteria
1. Communication
2. Don’t Tell Me Your Lies
3. No Surprise
4. Gravity
5. Redemption
6. Helicopter
7. Alien
8. When I Close My Eyes
9. Woman
10. Can’t Run Away
11. Creep
12. Don’t Tell Me Your Lies (acoustic)
Alien
I fratelli Cosmo, che nel recente passato hanno militato anche nei Boston, storica AOR band degli Stati Uniti, senza poi dimenticare la breve ma bella parentesi con gli Orion The Hunter, esordiscono adesso con questo nuovo progetto che porta il loro nome, dando alle stampe, sempre sotto l’egida della nostrana Frontiers, Alien.
Chi si aspettava però il più classico AOR suonato dai fratelli Cosmo nel corso della loro carriera rimarrà deluso, ed anche i rockers più intransigenti e legati a certi stilemi troveranno la nuova proposta di Fran e Anthony non più coincidente con i loro gusti, perché il tentativo sembra essere invece quello di proporre un moderno Hard Rock che tenga conto degli ultimi venticinque anni di evoluzioni che il Rock duro ha subito, cercando di far convivere in un solo sound l’Hard melodico degli ’80 con il grunge dei ’90, a tal proposito basti sentire Creep per percepire evidenti richiami ai Pearl Jam, e con l’attuale Post Grunge americano. Che sia un modo per tener d’occhio le vendite è pure possibile, ma se andiamo a vedere ciò che più interessa l’ascoltatore, cioè la musica, si arriva alla conclusione che il risultato non è affatto spiacevole.
L’opener Communication apre il lavoro con un piglio moderno e grintoso, presentando un refrain quasi rabbioso com’era nel pieno stile dei ’90, ed anche Don’t Tell Me Your Lies, riproposta anche acustica nella bonus track finale, è un gran bel pezzo in grado di coniugare l’attitudine radiofonica dei Boston con le più scure sonorità del moderno Rock stelle e striscie, tanto che pure nel cantato Fran ricorda a tratti Chris Cornell, ma i Cosmo continuano a sorprendere con la doppietta No Surprise e Gravity, due brani diretti e dal buon impatto che mantengono il disco sulle stesse coordinate spaziando tra atmosfere e linee melodiche tipiche di gruppi parecchio distanti da quel modo di fare Rock a cui invece questi tipi ci avevano abituato. Seguono poi la strumentale Redemption e la bellissima Helicopter, canzone che sembra invece riprendere il discorso aperto da Corporate America, ultimo e sottovalutato disco dei Boston, per miscelarlo con un pizzico di stile Rock aggraziato tanto caro a Goo Goo Dolls o Collective Soul nel comporre le loro ballate acustiche, sicuramente tra i brani maggiori del lotto, melodico ed arioso, sognante e rasserenante, come tra i migliori è la title-track Alien, più potente ed incalzante, grazie anche alla buona prova di chitarra e sezione ritmica, particolarmente azzeccato poi l’inserimento delle backing vocals ad accompagnare il singer nei refrain, e non poteva mancare la classica ballatona When I Close My Eyes, malinconica e che prende, una volta ancora, buoni spunti dal moderno Post Grunge, tanto che sembra di risentire gli Staind più melodici e quieti mescolarsi alla classe dei sempre verdi Boston. Inizio arpeggiato per la bellissima Woman, la voce suadente di Fran e la delicata chitarra di suo fratello tratteggiano un altro arioso e brillante brano a cavallo tra i migliori Boston e i più romantici Goo Goo Dolls, ne viene così fuori un altro pezzo da pelle d’oca, e non sono da meno il modern rock di Can’t Run Away e la già citata Creep, che sembra essere scritta in collaborazione con Vedder e soci.
Alien è un album sorprendente, incredibilmente ricco e dalle varie e piacevoli sfaccettature, che non lascia intravedere cali di tensione o interesse, ma contiene anche delle controindicazioni. Innanzitutto chi è legato al sound tipico dei Boston e del Melodic Rock degli anni ’80 può anche tenersi lontano da quest’album, che invece si cimenta nella difficile impresa di cogliere ed accomunare tre decenni di evoluzioni attraversate dall’Hard Rock, infatti si tratta di un album da ascoltare senza preconcetti ma anzi con una buona predisposizione ed apertura verso i diversi generi e stili, e soprattutto da non valutare pienamente ad un primo ascolto, non perché venga meno quell’attitudine radiofonica che sempre ha caratterizzato i lavori precedenti di questi artisti, ma semplicemente perché questa stessa attitudine viene adesso rimodellata in una più moderna accezione.