- Matt Moreton - voce
- Andy Shortland - chitarra
- Orlin Radinsky - batteria
- Lee Payne - basso
1 Inquisitor
2 Eye of the Sun
3 Cyberworld
4 Kiss of Evil
5 Eye of the Zombie
6. Absolute Power
7 Whore of Babylon
8 Golgotha
9 King for a Day
10 Angels in Hell
Eye Of The Sun
Le grandi cose nascono dalle semplicità: ed anche stavolta, ascoltando il nuovo lavoro dei Cloven Hoof, storica band della NWOBHM d’inizio anni ’80 (il cui ultimo lavoro A Sultan’s Ransom, risalivo al 1989), il detto viene confermato. Parte il CD Eye Of The Sun, partono le note di Inquisitor…e si riscopre il concetto di Heavy Metal. Niente da fare signori, Inquisitor è un brano micidiale di power metal stile americano con il senso melodico tipico delle band britanniche (come sono loro, se qualcuno non li conoscesse) della NWOBHM: una specie di Painkiller più strutturato, con un pre-chorus che, cantato dalla voce tagliente e spietata di Matt Moreton, incide nell’anima le sue note perché vi rimangano per sempre. Forti della loro tradizione e del fatto di averla fatta quella stessa tradizione, il quartetto britannico ha deciso di non fare il nostalgico: pertanto suoni potenti e moderni, ma che non snaturano per niente la loro natura classic-metal, con la spettacolare prova della sei-corde di Shortland a sfornare riff su riff, rinfrescati da dosi di power a stelle strisce e thrash, rigenerando il proprio background e portando il loro suono vicino a quello di Agent Steel o, dei giovani e talentuosi conterranei (anche se con grossi distinguo sul risultato finale) Biomechanical.
La title-track, in questo, è incredibilmente esaustiva, un mid-tempo spietato ed heavy che lascia spazio ad una struttura cupa ed articolata. Si ritorna alla melodia più classic-metal (con alcune influenze americane) con Kiss Of Evil, con Moreton sempre sugli scudi, fautore di una prova magistrale per intensità emotiva e qualità d’esecutiva. Anche qui break violenti moderni che si sposano alla perfezione con un refrain che ti fa venire voglia di urlarlo mentre pigi giù l’acceleratore della macchina lanciata sulla famosa autostrada senza fine: puro affresco di luminosa rabbia. Si ritorna alle origini con il riff iniziale di Eye Of The Zombie, una specie di versione mid-tempo tra Saxon, Judas Priest periodo Jugulator e pesantezze quasi alla Devin Townsend, mentre con Whore Of Babylon si gusta la capacità del drummer Radinsky di saper passare con incredibile naturalezza dalle complicazioni techno-metal, alla violenza quasi thrash e, come in questo pezzo, alla track di metal classico che abbisogna di groove anche in velocità. Ottimo anche il lavoro di collante del bassista Payne (tutti componenti della formazione originale). La forza di questo splendido disco, la cui produzione moderna non soffoca o snatura affatto la matrice heavy classica di una formazione storica come i Cloven Hoof ma al contrario, la esalta e la rinfresca, sta proprio in questo: un’amalgama perfetta. Non ci sono, infatti, pezzi ‘tradizionali’ per i nostalgici e pezzi ‘up-to-date’ per chi è pronto subito a classificarli come band da museo. Qui, i quattro britannici, hanno usato il presente, se ne sono cibati senza diventare cibo a loro volta: hanno nutrito la tradizione con il presente…ed hanno partorito quello che potrebbe essere un nuovo futuro per il metal classico, la sua ennesima rinascita. Non ci credete? Ascoltate Golgotha, da brividi come tutto il disco…anzi, ascoltatevi tutto il disco, perché questo è un album con i controattributi, di assoluto e splendido heavy metal, da una band che è tornata per dire ancora cose molto molto pesanti.