- Robert Lamm - voce, backing vocals, tastiera
- Bill Champlin - tastiera, chitarra, voce, backing vocals
- Walter Parazaider - woodwinds, backing vocals
- Lee Loughnane - tromba, flugelhorn, backing vocals
- James Pankow - trombone, backing vocals
- Jason Scheff - basso, voce, backing vocals
- Dawayne Bailey - chitarra, voce, backing vocals
- Tris Imboden - batteria, percussioni, armonica
Guests:
- Bruce Gaitsch - chitarra
- Sheldon Reynolds - chitarra
- Jerry Scheff - basso
- Peter Wolf - tastiera
- The Jordanaires - backing vocals in Bigger Than Elvis
- Joseph Williams - backing vocals in Let's Take A Lifetime
1. Stone Of Sisyphus
2. Bigger Than Elvis
3. All The Years
4. Mah-Jong
5. Sleeping In The Middle Of The Bed
6. Let's Take A Lifetime
7. The Pull
8. Here With Me (Candle For The Dark)
9. Plaid
10. Cry For The Lost
11. The Show Must Go On
12. Love Is Forever (Demo) (bonus track)
13. Mah-Jong (Demo) (bonus track)
14. Let's Take A Lifetime (Demo) (bonus track)
15. Stone Of Sisyphus (No Rhythm Loop) (bonus track)
XXXII - Stone of Sisyphus
Registrato nel 1993 con data di pubblicazione già fissata per il marzo del 1994, Stone Of Sisyphus era considerato l'album che doveva rilanciare (almeno secondo le previsioni della stessa band) i Chicago, reduci dal clamoroso ed immeritato flop commerciale e critico del pur buono Twenty 1. In realtà quest'album però non fu mai pubblicato, a causa delle divergenze insorte tra la stessa band e la Warner, in quanto la potente label aveva già deciso di bocciare a priori il nuovo lavoro della storica band statunitense, considerandolo poco adatto al mercato discografico di metà anni '90.
Adesso a distanza di quindici anni, il trentaduesimo album dei Chicago è stato finalmente pubblicato grazie all'interessamento della Rhino, nella cui scuderia è ormai entrato a far parte il famoso combo americano.
Il flop commerciale della precedente release aveva lasciato il segno, infatti, pur conservando una marcata impronta melodica, si inizia già ad intravedere un'accennata presa di distanza dalle sonorità più tipicamente West Coast/AOR che avevano caratterizzato l'ultimo scorcio della loro lunga carriera, e che aveva visto nel già citato Twenty 1 del 1991 l'ultimo esemplare di una serie di album ascrivibili all'interno dell'affollato filone AOR che aveva caratterizzato una buona parte degli anni '80.
Torna nei Chicago la voglia di sperimentare soluzioni diverse, certo con risultati non sempre esaltanti, pessimo ad esempio il mix di West Coast, jazz e rap che sta alla base di quella sorta di improbabile crossover/AOR che si può sentire in Sleeping In The Middle Of The Bed, brano tanto inutile quanto inascoltabile, e comunque senza tornare mai, neanche lontanamente, a quelli che furono i fasti progressive rock e sperimentali dei loro primissimi lavori.
Un esperimento sonoro isolato, probabilmente stimolato ed ispirato dalle tendenze di quella prima metà degli anni '90, ma i risultati purtroppo non sono particolarmente esaltanti neanche quando Bill Champlin e compagni si cimentano in un classico del loro repertorio più melodico e pop-oriented, ovvero le ballad, tante (Bigger Than Elvis, Let's Take A Lifetime, Cry For The Lost, Here With Me) e così zeppe di auto-citazioni da rendersi non solo simili l'un l'altra, ma superflue al cospetto di una discografia passata che ha visto in brani monumentali come If You Leave Me Now, Hard To Say I'm Sorry, Hard Habit To Break, You're The Inspiration e tanti altri, simili esempi di tutt'altro spessore.
Va sicuramente un po' meglio quando tornano ad esplorare stili a loro più consoni e abitudinari, come il funk, il jazz, l'R&B ed il pop-rock, confluendo in tal modo verso quella forma tipica e forse un po' standardizzata del loro classico Adult Contemporary Pop, tanto che si rivelano più che accettabili brani quali Mah-Jong, ben evidenti in tal caso le sfumature funk, o Bigger Than Elvis, in cui vengono accompagnati dai cori dei The Jordanaires in un brano dal loro inconfondibile stile, e proprio per questo motivo un po' già sentito. Le tracce migliori rimangono tuttavia proprio quelle legate alla favorevole tradizione West Coast, in cui sapientemente dosare melodie e divagazioni jazz, cosa che puntualmente avviene nella title-track, nella divertente e gioiosa All That Years, in cui si respirano un ritmo ed un'aria dal flavour caraibico, e nella più melodica The Pull, graziata anche da un refrain che i Chicago non scrivevano ormai da tempo.
Molti dei brani presenti non saranno del tutto ignoti, specie ai più fedeli fan della band, poiché molti di essi erano già stati proposti in sede live o compresi in varie compilation edite tra il 1992 ed il 1998. Arricchito da quattro bonus track, XXXII - Stone Of Sisyphus non può certo considerarsi una delle uscite migliori dei Chicago, dei quali invece ci sentiamo di consigliare i primissimi lavori (su tutti The Chicago Transit Authority) ed alcuni album venuti alla luce tra la fine degli anni '70 e gli anni '80 (ossia quelli con Peter Cetera, come Hot Streets o Chicago 16). In fin dei conti tuttavia, l'ultima creatura della storica band dell'Illinois appare spesso più superflua che non propriamente di cattiva qualità.