- Tracy Chapman - voce, chitarra, percussioni
- Ed Black - chitarra
- Paulinho Da Costa - percussioni
- Denny Fongheiser - percussioni, batteria
- Jack Holder - organo, piano, chitarra elettrica, hammond
- Steve Kaplan - armonica, tastiera
- Larry Klein - basso
- David LaFlamme - violino
- Bob Marlette - tastiera
1. Talkin' Bout A Revolution
2. Fast Car
3. Across The Lines
4. Behind The Wall
5. Baby Can I Hold You
6. Mountains O' Things
7. She's Got Her Ticket
8. Why?
9. For My Lover
10. If Not Now...
11. For You
Tracy Chapman
Nata nel marzo del 1964 in un quartiere operaio di Cleveland, Tracy Chapman rappresentò sul finire degli anni ‘80 una sorta d'apripista per una nuova generazione di promettenti cantautori, grazie soprattutto ad un esordio discografico che lasciò il segno e che da subito si presentò come uno dei debutti più soddisfacenti di un cantautore americano in quegli eighties in cui dominavano altri stili musicali, dal glam al synth-pop. Dopo aver ricevuto una borsa di studio per meriti scolastici, la giovane Chapman iniziò a frequentare l'università di Boston studiando antropologia e cultura africana, e nel frattempo iniziò a cantare e suonare per le strade e i locali, dove trovò terreno fertile per le sue liriche impegnate, non a caso lei fu immediatamente vista come la voce che si levava a difesa degli interessi della classe proletaria e degli afro-americani, cantando della vita quotidiana, della povertà, dei problemi socio-politici e familiari.
Il suo folk-rock cantautorale ed acustico, che spesso le valse paragoni con Joni Mitchell e Bob Dylan, era così basilare ed essenziale da affidarsi spesso alla sua sola voce e ai pochi accordi della sua chitarra acustica, ma tutto assumeva un carattere poetico ed intimista, per merito della sua voce modulata e pacata, delle melodie tanto semplici quanto azzeccate nel sapere esprimere romanticismo ed energia, dei testi che mettevano in perfetta luce la situazione dell'altra America, quella dimenticata e povera, quella dei ghetti e dei quartieri violenti, dei neri e degli emarginati, ma soprattutto per merito dei toni mai aggressivi o frustrati, ma piuttosto pacati e consapevoli, servendosi della sua voce sofferta e spesso straziata nei suoi impulsi di ribellione e nelle sue speranze di rivalsa.
La cantautrice afro-americana raccoglie quindi poco più di una decina di ballate semi-acustiche ed intimiste da lei composte anche molti anni prima e pubblica sotto la Elektra il qui presente debut self-titled, aperto da Talkin' Bout A Revolution, bel brano energico e dolce che tratta dei vari problemi socio-politici che rischiano di fomentare una rivoluzione, passando poi per il singolo di gran successo Fast Car, romantico e melanconico, e per Accross The Lines, altro bellissimo brano dolce e pacato che accusa la dilagante violenza dei quartieri più a rischio, per arrivare poi al soul di Behind The Wall cantato interamente a cappella. Ma è impossibile non citare la bellissima ballata Baby Can I Hold You, romantica e struggente, che insieme a For My Lover o alla lenta For You, svelano il lato più romantico e meno impegnato della Chapman, o anche il reggae melodico e dolce di She's Got Her Ticket, il più energico folk-rock di Why?, la malinconica e poetica If Not Now..., la particolare Mountains O' Things, esotica e caratterizzata dall'incedere delle percussioni.
L'album fu salutato con entusiasmo da critica e pubblico tanto da riuscire a vendere ben dieci milioni di copie, ma purtroppo dopo questo brillante esordio Tracy Chapman non riuscì mai più a ripetersi a simili livelli, infatti già dal successivo Crossroads si assiste ad una serie di più che discreti lavori neanche minimamente però paragonabili a quest'album, che si può invece elevare ad intimista e sentito manifesto sociale dell'altra faccia dell'America.