- Christos Antoniou - samplers, chitarra
- Sapfo Stavridou - voce
- Tania Nikoloudi - cori
- Basia Lakoumenta - cori
1. Underworld Act I (07:14)
2. Underworld Act II (08:54)
3. Underworld Act III (10:43)
4. Underworld Finale (03:07)
5. Tartarus (03:36)
6. Misery's King (03:58)
7. Elegy (02:37)
8. As Hope (03:16)
9. Adagio (04:22)
10. Ethereal Dome/The Trip Is Not So Long (08:17)
Underworld
Le sperimentazioni Dark neoclassiche dei Dead Can Dance rimarranno nell’antologia del genere come il simbolo della nuova corrente atmosferica che si impose gradualmente in Europa, interessando soprattutto Paesi come la Germania, la Francia e la Gran Bretagna.
Nel 1998 i greci Septic Flesh pubblicarono il full-lenght A Fallen Temple, in cui si concentrarono su sonorità più cupe e tenebrose, culminanti nella canzone The Eldest Cosmonaut, dotata di un sapore Darkwave neoclassico che parecchio ispirò la band di Atene. Come progetto parallelo dei Septic Flesh nacque Chaostar, un vero viaggio all’interno della musica atmosferica all’insegna di danze macabre e di aloni avvolgenti: Underworld è il quarto capitolo discografico di questa realtà attiva ormai da dieci anni ma rimasta sempre nell’ombra del proprio stile.
Riflessioni filosofiche e teologiche sono i temi trattati dai Chaostar, che sviluppano un album in maniera minimalista ma densamente sinfonica. Le tastiere e gli intrecci corali, quasi lirici, sono il motore portante della band, così come era già accaduto in passato per altri act del genere (Elend in primis).
Le tracce dei Chaostar sono più legate all’ambientazione da colonna sonora, perché potrebbero divenire efficaci se accompagnate da immagini come quelle proposte sulla copertina e nel booklet di Underworld.
L’opera si evolve come una vera e propria suite, con momenti drammatici alternati a distensioni armoniose, condotte con estrema sensibilità oscura: non manca l’apporto della chitarra distorta, che emerge a tratti in alcune sezioni, come nella quinta Tartarus, carica di follia vocale, e come nella settima Elegy, dall’incedere quasi orrorifico.
Introdotto da una copertina funerea e ricca di simboli, Underworld rappresenta un lavoro capace di distinguersi all’interno del vasto panorama della musica estrema: archi lugubri e voci spettrali sono gli elementi che danno vita ad una marcia tristemente soporifera. Il valore emotivo e meditativo dell’album è davvero intenso, ma Underworld non costituisce di certo un disco aperto a tutti gli amanti delle sonorità oscure, poiché estremamente soffocante e difficile da accettare.
Per coloro invece che hanno apprezzato a fondo platters storici per il genere come i capolavori dei Dead Can Dance, gli album solisti dell’immensa Lisa Gerrard e il tragico The Umbersun degli Elend.