- George "Corpsegrinder" Fisher - Voce
- Pat O'Brien - Chitarra
- Rob Barrett - Chitarra
- Alex Webster - Basso
- Paul Mazurkiewicz - Batteria
TRACK LIST:
1. Priests of Sodom
2. Scalding Hail
3. To Decompose
4. A Cauldron of Hate
5. Beheading and Burning
6. Evidence in the Furnace
7. Carnivorous Swarm
8. Evisceration Plague
9. Shatter Their Bones
10. Carrion Sculpted Entity
11. Unnatural
12. Skewered from Ear to Eye
Evisceration Plague
Con scadenza ormai biennale e dopo l'ottimo Kill, tornano i maestri indiscussi del brutal floridiano: i Cannibal Corpse e la loro carica di cadaveri in putrefazione, growl e chitarre violente sono di nuovo tra noi e dimostrano di non patire il passare degli anni, ma anzi di guadagnarne sotto ogni punto di vista.
Diciamolo subito: Evisceration Plague non è un capolavoro che verrà scolpito nella pietra della storia della musica; è un disco per certi versi più quadrato rispetto al precedente, anche se ricalca perfettamente la linea tracciata negli ultimi dieci anni, da quando insomma George "Corpsegrinder" Fisher ha impresso nel sound del gruppo il suo pesante marchio di fabbrica.
Ma quello che davvero stupisce è un livello qualitativo che riesce sempre a rimanere altissimo, anche dopo ventanni di carriera, con una continuità che stupisce e scava un solco profondo tra i Cannibal Corpse e qualsiasi altra band estrema al mondo.
Mentre Kill si faceva notare per una velocità media delle composizioni elevata, cosa che provocava un ascolto da cardiopalma, Evisceration Plague è un prodotto più compatto, dove la preparazione tecnica dei cinque americani viene mostrata a piene mani, dimostrazione che il gruppo ormai fa delle capacità dei propri musicisti un punto di forza (soprattutto per quanto riguarda l'ormai collaudatissima sezione ritmica), laddove può magari incorrere in una piccola mancanza di ispirazione.
A supportare questo carro armato sonoro, una produzione ormai perfetta, tagliente e granitica allo stesso tempo, sempre meglio gestita dal polivalente Erik Rutan (in stretto rapporto di amicizia con la band floridiana da anni).
Il disco si muove su di una strada improntata alla pesantezza delle composizioni, che spesso "rallentano" in riff più groovy per poi ripartire repentinamente con la velocità consona alla band. Lo stesso Fisher sembra aver abbassato ulteriormente il proprio timbro vocale, abbandonando completamente lo stile che lo aveva carattirizzato ai tempi dei Monstrosity e per buona parte della carriera nei 'Corpse, riuscendo a sviluppare un cantato che fa del growl profondo ma allo stesso tempo meno gutturale il proprio punto di forza. Sta di fatto, però, che in alcuni frangenti questi elementi tendono a rendere l'ascolto meno emozionante.
L'album presenta comunque delle vere e proprie gemme per gli amanti del genere. L'opener Priests Of Sodom è forse la migliore del lotto, riuscendo ad unire diverse anime: un impianto ritmico al fulmicotone, con una batteria mai ferma, cambi di tempo e ritmi scomposti, riff ricchi di groove capaci di coinvolgere e rimanere impressi, un uso della doppia voce e una linea di cantato che varia ripetutamente. Sullo stesso piano possiamo porre Beheading And Burning, traccia in cui ritroviamo quelle variazioni che rendono l'ascolto meno difficile da assimilare e più piacevole, con una velocità ancora più elevata. Tra i momenti positivi del disco troviamo anche Skewered From Ear To Ear e A Cauldron Of Hate, così come Carrion Sculpted Entity.
Come detto prima, non parliamo di un capolavoro assoluto e forse ci troviamo di fronte ad un prodotto un gradino sotto Kill. Ma si tratta pur sempre di un lavoro di qualità incredibile, dove troviamo tutti gli elementi necessari per quaranta minuti di puro brutal diretto e violento. Inoltre la produzione nella sua generalità è eccezionale, riuscendo con equilibrio ad esaltare le caratteristiche dei singoli strumenti.
Molto consigliato ai fan della band ed in generale agli ascoltatori che preferiscono un approccio più classico al genere, meno mischiato a modernismi o tecnicismi estremi.