- Markus Myllykangas – voce, chitarra
- Johannes Nygård – chitarra
- Juho Niemelä – basso, cori
- Ariel Björklund – batteria
- Arto Karvonen – synth
1. Wormwood (07:14)
2. Latterday Saints (07:29)
3. The Fugitive (08:04)
4. Backwoods (01:07)
5. A Close Encounter (05:58)
6. Pathos (06:00)
7. Folkslave (08:09)
8. Woven Hands (09:46)
Noir
Come i connazionali Cult Of Luna, i finlandesi Callisto tornano alla ribalta nel 2006, pubblicando questo eccezionale Noir, terzo album di studio, giunto in Italia solo a febbraio 2007 a causa di numerosi problemi di natura discografica.
Il quintetto originario di Turku ha come massimo pregio ma anche come massimo difetto quello di ripercorrere completamente i meandri musicali già esplorati dagli americani Isis, poiché Noir è intriso dell’atmosfera affascinante che ha reso grandi opere come Oceanic e Panopticon.
L’oscurità espressa dal titolo scelto per l’album e dalla stupenda copertina permea lo Sludge e il Post Hardcore dei Callisto, che strutturano l’album in nove tracce di media-lunga durata.
Noir scorre via con una gradevolezza intima ed inedita alla discografia dei Callisto, come testimonia già l’opener Wormwood, densa nelle atmosfere sottomarine tessute dall’intreccio di chitarre e tastiera. Il lamento Hardcore, simil-growl, emerge solo a tratti, tramutandosi in sussurri soffusi che avvolgono l’ascoltatore, mentre le sezioni strumentali subiscono improvvisi rallentamenti, fino a determinare la sperimentale fuoriuscita di un sassofono. Sono questi i momenti di massima distanza dal sound Isis, quelli in cui prende forma il carattere personale dei Callisto, ripreso nella seconda Latterday Saints. Evidenti sono i tratti di stampo jazzistico, come chiare sono le divagazioni avant-gardistiche e le decelerazioni cariche dello spirito Doom/Gothic scandinavo.
Totalmente inscrivibile nelle sonorità Isis è invece The Fugitive, introspettivo capitolo dotato di una struttura elaborata, con numerose variazioni interne e con architetture degne della formazione capitanata da Aaron Turner.
Dopo il breve intermezzo Backwoods prendono avvio A Close Encounter, traccia più votata ad un lento Sludge che sembra meno coinvolgente rispetto ad altri episodi di Noir, e Pathos, ricercato brano contemplativo che trasmette grandi emozioni con il suo incedere Doom paragonabile a realtà come gli svedesi Draconian. Presto comunque tutte le influenze derivate dal Doom si dissolvono e lasciano spazio addirittura a timbri Folk in stile Agalloch sulla straordinaria Folkslave, un tributo alla gelida terra nordica da cui i Callisto provengono.
Ghiacciato e meditativo è il genere proposto dai Callisto, che concludono Noir con un pezzo altrettanto efficace e valido qual Woven Hands, anch’esso complesso e colossale nella sua lunghezza.
In definitiva, si deve premiare il lavoro svolto da una band che in sei anni si è sforzata di correre parallelamente alle formazioni che nel Post Metal sono riuscite ad emergere, Isis per primi.
La varierà espressa nella musica dei Callisto conserva sempre la matrice degli americani nella sua ossatura, ma forse questo Noir può essere considerato l’album migliore in ambito Post Hardcore del 2006, poiché esso si erge alla pari e forse oltre il livello dei maestri che hanno dato alla pubblicazione l’altrettanto eccellente In The Absence Of Truth.