- Felix Liuni - voce
- Daniele Vitello - chitarra
- Daniel Giovanetto - batteria
- Haron Zorzi - basso
1. Enter In The Vortex (01:34)
2. Seasons Of Your Destiny (05:26)
3. Till The End Of Time (04:55)
4. All Is... Strange! (02:49)
5. Dreaming Your Fear (03:53)
6. Return Of The Flesh (04:53)
7. Struck In The Honour (September 11 2001) (04:29)
8. Death Illusion (04:32)
9. The Double Face (04:40)
10. Man In The Silence (04:58)
11. Deep Vortex (06:19)
In the Deep of Vortex
I torinesi Brain Dead con questo In The Deep of Vortex raccolgono i brani dei primi due EP e aggiungono alcune tracce non ancora pubblicate per dare alle stampe il loro primo album. Per chi non li conoscesse ancora, i Brain Dead appartengono a quell’ondata di band che fa del revival musical il suo punto di forza, suonando uno speed/thrash che affonda le sue radici nel glorioso panorama metal degli anni 80. I testi sono pregni d’odio per la società e l’introduzione di Enter in the Vortex ce lo dimostra immediatamente, essendo un collage di notizie dei telegiornali, prima che la furia incontrollata di Seasons Of Your Destiny prenda il controllo.
I suoni sono molto buoni, sia per le chitarre graffianti che per la batteria che martella senza sosta. Tuttavia, non appena la voce si fa largo attraverso queste bordate, possiamo notare che essa non si sposa alla perfezione con la musica, soprattutto perché la pronuncia del cantante è molto elementare per usare un eufemismo e risulta troppo forzata. Peccato, perché le sezioni strumentali sono buone e i vari cambi di tempo sono ben eseguiti. Come possiamo anche notare dalla durata delle composizioni, la carne al fuoco è notevole e la band risulta veramente compatta, riuscendo a combinare in maniera egregia parecchie strutture diverse. Le influenze degli Exodus inizio anni 90 sono ben evidenti durante le sezioni rallentate che lasciano traspirare un buon groove con le chitarre a macinare riffs senza sosta. A tal proposito citerei la massiccia Till The End Of Time e la successiva All Is... Strange!
L’accoppiata Dreaming Your Fear e Return Of The Flesh mostra l’anima più impulsiva del gruppo in fase di composizione. Le lunghe sferzate a base di doppia cassa e gli up tempo donano vigore al sound e lo rendono ancora più massiccio. La tecnica solista delle chitarre è molto buona ma ancora un volta la voce sembra essere l’anello debole del combo poiché alcuni urlo in growl non centrano niente con il sound chiaramente orientato verso una versione classica del thrash, senza contaminazioni. La tragedia dell’11 settembre rivive nella ferale, veloce Struck In The Honour (September 11 2001) e la successiva Death Illusion a tratti ne segue le impronte, focalizzandosi sul lavoro di una doppia cassa martellante anche se le sezioni rallentate sono ben amalgamate per donare varietà e persino un tocco di melodia.
Della canzone Double Face ho apprezzato molto il lavoro svolto dalla chitarra perché a tratti riesce a donare la giusta impronta melodica ed oscura, facendomi tornare in mente più volte gli Overkill del mitico The Years of Decay, mentre Man In The Silence è chiaramente intenzionata a mostrare la parte più impulsiva attraverso riffs taglienti, sempre accompagnati da un’ottima dose di groove, prontamente ripreso dall’ultima Deep Vortex. Le influenze degli ultimi Exodus si fanno pesantissime e terminano un buon album di old school thrash. Non so voi, ma apprezzo sempre questi revival anche se i fasti degli originali ovviamente non potranno mai essere battuti.