Voto: 
8.0 / 10
Autore: 
Stefano Pentassuglia
Etichetta: 
Scarlet
Anno: 
2007
Line-Up: 

- Lars Carlberg - vocals
- Tomas Eriksson - guitars, backing vocals
- Fredrik "Lillis" Johansson - guitars
- Rickard Larsson - bass, backing vocals
- Erik Wennerholm - drums

Tracklist: 


1. Crawl - The Sermons And The Dreams Of John Duncan Thunstall
2. Best Trip
3. The Island Of St. Menée (Beach of The Living Dead)
4. Convert Into
5. Migrating
6. Avert Your Eyes

Bokor

Anomia 1

I Bokor sono una realtà che inconsciamente molti di voi forse desideravano già da tempo. Non esiste onnivoro musicale, probabilmente, che non abbia mai sognato di incontrare in vita sua una band in grado di miscelare con chirurgica precisione le influenze più disparate, che in questo Anomia 1 mette in scena riff di una personalità fuori dal comune con naturalezza ed originalità strettamente non-ordinarie, e che richiama alla mente un minestrone sbalorditivamente "omogeneo" delle band che apprezza di più.

Svedesi, mannaggia. C'è da ambire ad avere in Italia una band così, ma bisogna nuovamente riconoscere che la garanzia regna sovrana in terra scandinava. "Bokor" però non ha nulla di scandinavo, è una parola haitiana che rimanda a una sorta di mago o stregone voodoo (a cui si ispira il testo della terza canzone), che pratica magia malvagia e che si impadronisce del Gros Bon Ange (grande angelo guardiano), una delle due parti di cui è composta l'anima umana, trasformandolo in una specie di "spiritual version" del comune zombie da horror movie di serie B, mantenendolo prima in uno stato dormiente per poi usarlo come schiavo successivamente a corpo rafforzato.
Per stessa ammissione della band è stato il film "Il Serpente e l'Arcobaleno" ad ispirare questa figura per la loro musica, fatto sta che agli addetti ai lavori sembra più che sia la band stessa a compiere magie voodoo, con due bacchette di batteria al posto della bacchetta magica, con un basso, due chitarre e soprattutto una voce che sa farsi strumento e vivere nei brani come raramente accade di ascoltare…

Si parlava di contaminazione tra band. Fin qui tutto ok, ma… quali band? Iniziamo col dire che l'incipit del disco, la botta iniziale, è data da un brano squisitamente Mastodon nel mood e nelle strutture, c'est à dire, quanto di più evoluto possiate aspettarvi dal metal peNsante oggigiorno. Poi tutto si blocca e la voce diventa protagonista, sdoppiandosi e trasformandosi in qualcosa di molto vicino ai System Of A Down d'oro, ma se possibile ancora più calda e trascendente. Sempre con due chitarre che non mollano mai, e accompagnano la voce di Lars Carlberg fino ad uno stato di estasi assoluta, che ripiomba in strutture stralunate, come se gli stessi System Of A Down abbiano deciso di intraprendere una strada più rockeggiante, post-coreggiante e stranamente, più estrema.
Crawl è tutto questo. E l'influenza System si fa palpabile anche nel successivo momento di calma eterea che riesce a calmare i sensi e ad eccitarli contemporaneamente e se no è questa una dimostrazione vera di Classe & Talento, ditemi voi cosa lo è. Mistica.
La successiva Best Trip conferma l'idea. Ci potrei sguazzare nel suo riff d'apertura, e in quella splendida chiusura del riff che da anni avrei voluto ascoltare e solo a ridosso del 2007 è stata composta. Groove impressionante. E la canzone va avanti senza lasciare fiato, con un intermezzo simil-pop, per poi sfociare in riffoni hard rock sapientemente dosati con una maestria che, ahimé, farebbe l'invidia a molti mostri sacri pantofolai… e l'assolo finale condisce a puntino il tutto.
The Island
parte di attacco hard rock purissimo per ritornare ai SOAD, con l'inconfondibile timbro nasale, e con un ritornello che scalda il cuore e vi basti sapere questo prima di ascoltarlo. E poi che succede? Impazziscono. Prepotentemente i Mastodon si riaffacciano sulla scena, con una chiusura del pezzo che definirei liturgica. Altro che voodoo. Le chitarre giocano ad acchiapparello ed entriamo nell'area più sperimentale del post-hardcore moderno.
La successiva Covert Intro è spiazzante e meravigliosa, gente. Inizio pacato e spirituale con cori ancestrali, la chitarra stessa si fa "ammaliante" e "sensuale". Un soffio del ritornello si perde nei ritmi tribali ed orientaleggianti del pezzo, con la voce di Lars ancella del dolore. Ma poi ritorna quel ritornello, uno dei migliori mai ascoltati da molto tempo a questa parte, dolce, romantico, una carezza all'anima. Da lacrime, mentre la voce di Lars si contorce e si butta in un attacco stile Rob Flynn nei Machine Head dell'ultimo album, ma molto più drammatici, e poi impazziscono richiamando gli onnipresenti Mastodon.

Ma come non vedere l'ombra dei Tool in tutto questo? Non è solo a Serj Tankian che Lars si rifà, ma soprattutto al buon vecchio Maynard… stesso dicasi per l'avvolgimento sonoro di certi passi chitarristici. Goduria pura, che sia strumentale o cantata. E alla fine del pezzo Lars ansima prima dell'assolone finale. Anche il fantasma degli Opeth aleggia in tutto questo, contateci…
Migration è la botta quasi-finale, una suite di 15 minuti tra andirivieni di chitarre ambient e ci ritornano alla mente i '70, il prog dei Genesis, la psichedelia dei Pink Floyd, i Porcupine Tree... liturgici, ancestrali, meravigliosi. Il pezzo continua su livelli altissimi ed esplode nel finale, con un attacco che distrugge ogni cosa e con la comparsa di un growl accompagnato dal pulito di Lars, prima di un riff finale ossessivo e opprimente che avvolge dolcemente.
Con l'ultima Avert Your Eyes si ritorna a picchiare duro, la canzone in assoluto più vicina ai Tool di tutto disco probabilmente, un andirivieni di chitarre dal piglio devastante ed è difficile uscirne tutti interi.

Anomia 1 lascia confusi e incerti e ci si chiede come sia stato possibile un debutto così. Gente, parliamo del primo album e sembra che prima ce ne siano stati altri dieci a precederlo tanta è la carne messa al fuoco, la classe e la maestria compositiva. Si tratta di un album speciale, un bijoux. Non importa definirlo in qualche modo, va ascoltato almeno una volta nella vita, con attenzione, e così come i nostri genitori più rockettari rispolverano ogni tanto i vecchi vinili dei Rolling Stones, così un giorno potremo dire ai nostri figli "quando avevo la tua età esisteva un gruppo chiamato Bokor… ".

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