Björk - Writing, Vocals, Production
Tricky, Nellee Hooper, Graham Massey, Howie B. - Writing, Production
Sjòn - Writing
1. Army of Me
2. Hyperballad
3. The Modern Things
4. It's Oh So Quiet
5. Enjoy
6. You've Been Flirting Again
7. Isobel
8. Possibly Maybe
9. I Miss You
10. Cover Me
11. Headphones
Post
Con Post, Björk supera a pieno titolo lo sbarramento del secondo album che, ben più spesso di quanto non sembri, è decisivo per la carriera futura di un artista.
Mentre Debut si divideva quasi equamente tra suggestioni dance e coloriture world, Post sembra non avere affatto una direzione e l'interpretazione realmente istrionica della cantante viene ad essere l'unico collante di un set di undici canzoni estremamente differenti tra loro e contaminate in mille modi diversi.
La prima canzone è Army of Me, un'invettiva adirata contro chi si sollazza nei propri problemi senza effettivamente cercare una soluzione, e che è vigorosamente spinto a farlo da bassi elettronici che si contorcono ossessivi e da assordanti battiti industrial. Enjoy è una martellante ballata techno cantata a squarciagola da cui, tramite il raffinato intermezzo violinistico di You've Been Flirting Again, si giunge a Isobel, dedicata ad una donna solitaria, sposata con nessun altro che se stessa. Sperimentando la caratteristica capacità di Björk di mescolare alla perfezione l'elettronico e l'acustico, il pezzo si regge su un elaborato pattern di beats che occhieggiano al trip hop e su cui si poggiano violini ventosi e trombe imponenti, nonchè una voce che sbalordisce per potenza e presenza scenica, quasi fosse la protagonista indiscussa di un musical hollywoodiano. D'altronde, l'influenza del musical è evidente anche in altre canzoni, da The Modern Things, vellutata e sofisticata nei suoi rtmi jazzati che fanno da etereo sottofondo ai suoi intelleggibili gibberish, a It's Oh So Quiet, cover di Blow a Fuse di Betty Hutton, intrisa di uno stucchevole mood swing da cabaret che stona col resto dell'album e che sembra messa lì solo per dare terreno fertile agli urli animaleschi in cui si prodiga, di tanto in tanto, l'ugola di Björk. Probabilmente, It's Oh So Quiet è la canzone più famosa della cantante islandese, ma non c'è dubbio che sia anche la più brutta.
Le rimanenti canzoni si muovono tutte in territori completamente diversi: Cover Me è misteriosamente avvolta da tocchi di arpa che si dispiegano liquidi quasi casualmente, mentre la carnevalesca I Miss You è vigorosa e ondulata come fosse un pezzo latin pop, e la sfumata Headphones è stupefacente nelle sue musicali onomatopee. Possibily Maybe è la fenomenologia di una storia d'amore, raccontata dal momento in cui nasce fino a quello in cui si evolve, esplode, muore. A descriverla è una Björk dotata di un'intensa anima soul che la fa ora sussurrare sensualmente, ora ruggire con la forza di una belva in gabbia, ora cinguettare civettuola.
Il pezzo migliore dell'album è, senz'altro, Hyperballad: una canzone dance che ha influenzato inevitabilmente tutta la successiva produzione dance a livello globale, mostrando come sia possibile far conciliare una drum machine che spara a 120 bpm e la delicata eleganza di una suite violinistica, di una melodia che si installa irreversibilmente in testa facendo risuonare la spina dorsale di brividi profondi e spontanei.
Post è un album fondamentale per l'intera opera di Björk poichè raccoglie in undici canzoni l'intero suo background musicale, così come anche buona parte delle sperimentazioni che caratterizzano la sua produzione, sebbene in fase embrionale. La sua caratteristica è senz'altro l'eterogeneità, un elemento di originalità che può magari disorientare ma che, tuttavia, riesce a tenere lontana la noia e a stimolare, al contrario, un'enorme curiosità.
Post è dotato di quell'unicità sbalorditiva che ogni artista vorrebbe fornire alla sua opera, in questo caso partorita dalla genialità di una donna (e, bisogna dirlo, anche dei suoi collaboratori) piccola ma dotata di una gigantesca immaginazione visionaria.