Voto: 
7.4 / 10
Autore: 
Edoardo Baldini
Genere: 
Etichetta: 
Nuclear Blast/Audioglobe
Anno: 
2008
Line-Up: 

- Helmuth - voce, chitarra
- Serpenth - basso
- Torturer - batteria


Tracklist: 

1. Bondage Goat Zombie (04:00)
2. Stigma Diabolicum (05:01)
3. Armageddon's Raid (05:07)
4. Justine: Soaked In Blood (04:07)
5. Sexdictator Lucifer (03:43)
6. Shred For Sathan (03:47)
7. Chronicles Of Crime (05:32)
8. The Sukkubus Lustrate (02:56)
9. Der Rutenmarsch (05:32)

Belphegor

Bondage Goat Zombie

Capre zombie in bondage”: sembra che il gusto ironico domini in casa Belphegor, perché l’ennesimo album di studio della band austriaca riconferma i cliché già proposti con i predecessori, a partire dal titolo che strappa un sorriso anche agli irriducibili del Black Metal fino al consueto connubio di Black e Death che rifiuta qualsiasi tipo di rivoluzione sonora. Sebbene Bondage Goat Zombie rappresenti il settimo disco di studio del terzetto di Puch, la situazione è rimasta pressoché stabile rispetto al discreto Pestapocalypse VI che aveva introdotto il gruppo nella grande scuderia Nuclear Blast: potenziati pertanto sotto il livello della produzione e supportati da una carica che sa finalmente coinvolgere l’ascoltatore dopo troppi lavori sottotono, i Belphegor esibiscono nove tracce che raccolgono tutta la tradizione Black e Death europea.

La title-track apre l’opera immettendo in un contesto che ricorda da vicino il maestoso stile di certi acts scandinavi, soprattutto per via delle inusuali tastiere di sottofondo che riescono ad ispessire un timbro già di per sé denso e penetrante. Stigma Diabolicum raffigura poi l’apice compositivo dell’album, perché i riff descritti sanno trascinare in un vortice che accosta Satyricon e Dimmu Borgir con le realtà del panorama Death. Gli accompagnamenti di batteria sono insostenibili ed il cantato in growl è impostato con grande effetto, ma il punto di forza dei rinnovati Belphegor è costituito dall’approccio delle chitarre, taglienti e melodiche al tempo stesso.
Malgrado il trio austriaco perseveri nel proporre le tematiche di sempre nei propri testi, l’aria che si respira nel nuovo Bondage Goat Zombie è decisamente più fredda rispetto a qualunque full-lenght finora sviluppato. Di certo la componente Black Metal gioca un ruolo più rilevante rispetto a quelle sfuriate o passaggi Death che ricalcano addirittura lo stile dei Nile e questo elemento si può osservare già dal confronto tra la prima e la seconda parte dell’album: canzoni scontate come Sexdictator Lucifer o imitazioni degli inconfondibili Nile come Chronicles Of Crime non riescono ad eccellere, venendo così coperte dalle strutture più consapevoli di Armageddon’s Raid o Shred For Sathan, vere debitrici del Black norvegese e svedese (Dissection su tutti).

In definitiva, ciò che emerge dall’ascolto di un capitolo discografico come Bondage Goat Zombie è l’estrema abilità degli austriaci nel costruire canzoni che riescono a trasferire un certo coinvolgimento nell’ascoltatore, ma allo stesso tempo sono vincolate qualitativamente da quella negazione dello sviluppo timbrico. Divertirsi a rivestire ancora il ruolo di blasfemi Black metallers non può giovare ad una band così preparata musicalmente e così penalizzata dal proprio cattivo gusto: la trasgressione in musica può essere infatti condotta per altre vie, che possono essere più variegate e ricercate rispetto ad una costante proposizione delle tematiche sataniche o sessuali e di questo i Belphegor, giunti al settimo episodio della loro lunga carriera, se ne dovranno accorgere prima o poi.

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