1. Lilies
2. All your Gold
3. Horses of the Sun
4. Oh Yeah
5. Laura
6. Winter Fields
7. The Haunted Man
8. Marilyn
9. A Wall
10. Rest your Head
11. Deep Sea Diver
The Haunted Man
Nel 2006 compare nell’empireo musicale Bat for Lashes, il progetto dell’inglese Natasha Khan. Tre anni dopo arriva la consacrazione con un album che spicca per freschezza e definisce sempre più il suo talento, dopodiché il silenzio per altri tre lunghi anni. Silenzio interrotto soltanto da “Let’s get lost”, canzone scritta in collaborazione con Beck per la colonna sonora di uno degli episodi di Twilight, pezzo piuttosto insipido che rischia di segnare il declino prematuro di una stella che prometteva molto bene. Tutto questo fino al 12 ottobre 2012, quando vede la luce il terzo lavoro della Khan: The Haunted Man.
The Haunted Man è contemporaneamente un episodio di adesione al passato e di parziale distacco da esso: lo stile è sempre lo stesso, sognante ed etereo, ma allo stesso momento consolidato da una ricerca sonora e melodica più consapevoli. Il pezzo di apertura è Lilies, sorretto da una base elettronica quasi atona e dominato completamente dalla voce, che crea la melodia e che durante il ritornello si distende in vocalizzi soffici che si rifanno alla Kate Bush migliore. Non è questo l’unico momento in cui torna alla memoria lo stile della sua più celebre conterranea, che torna a far capolino nella marcia trasognata di Marilyn, mentre sono palesi i richiami al contemporaneo Patrick Wolf in Winter Fields, pezzo folk orchestrale in cui a farla da padroni sono violini nervosi come un vento invernale affiancati da timidi fiati e tamburi marziali.
Al di là di tutto, il “modus operandi” della nostra Natasha resta quello di sempre: Laura è una languida ballata per voce e piano accompagnata da ottoni e archi, dedicata ancora una volta ad uno dei suoi innumerevoli alter ego, commovente nel suo incedere tragico e nei continui climax tesi verso la cima che si staglia nitida alla fine di ogni ritornello, un po’ com’è già accaduto in splendidi pezzi del passato. Horses of the Sun è una canzone crepuscolare e complicata in tutto e per tutto simile a “Two Planets” del precedente album: installata su tamburi tribali che sostengono un cantato misterioso, è affascinante nella sua incostanza e nei suoi repentini cambiamenti di melodia, dapprima cupa, poi quasi minacciosa, e che infine si apre in maniera ariosa e quasi speranzosa, colorita di toni orientaleggianti che richiamano molto alla lontana l’atmosfera dei Dead can Dance.
Le canzoni che spiccano sono diverse: All your Gold innanzi tutto, singolo di lancio perfetto con il suo ritmo deciso tratteggiato da beats ostinati e impastato tra i fili eterei di arpe e sintetizzatori che si manifestano a tratti. Ottima è anche Oh Yeah, riuscitissimo esperimento trip hop che si colora di gospel nei cori che accompagnano un cantato suadente, ma la migliore è la title-track, The Haunted Man: parte in sordina, sparando una serie di veloci battiti che introducono una voce dolente avvolta in un guscio trasparente di voci sintetiche che risuonano come le vibrazioni di un cristallo. Presto è silenzio, e si profila da lontano il battito marziale di tamburi soldateschi, a cui presto si uniscono cori di uomini che cantano come se si trattasse di un inno di guerra. Il tono del canto aumenta e si fa sempre più forte e sempre più intenso fino all’esplosione finale e risolutiva in cui a fare da protagonista è lei, la trionfale cacciatrice d’uomini.
Ci sono pochi nei in questo provvidenziale, ottimo ritorno: A Wall, nonostante sia tutto sommato una buona canzone, dà una sgradevole sensazione di già sentito tanto da sembrare quasi un pezzo di qualche altro gruppo come gli Ok Go piuttosto che della Khan, e soltanto l’inconfondibile voce consente di restituire la canzone al legittimo proprietario.
Il ritorno di Bat for Lashes non sarà magari stato uno tra i più attesi da parte del grande pubblico: sin dalla sua comparsa, infatti, Natasha Khan ha cercato, più o meno volontariamente, di tenere il progetto lontano dagli isterismi di massa, riservandogli un angolo un po’ in disparte. Con The Haunted Man sembra esserci un tentativo di apertura, e ciò è chiaro soprattutto se si guarda a com’è stata usata l’elettronica, che non è più funzionale soltanto alla realizzazione della canzone in sé ma compare in maniera più massiccia e per l’ascoltatore, pensando cioè al suo intrattenimento e al suo gradimento. Non a caso, anche Bat for Lashes questa volta sembra seguire la “cresta dell’onda” e si adegua, in un certo senso, al revival anni ’80 che caratterizza la quasi totalità della produzione indie odierna. Ciò però non significa che si sia “svenduta”: Natasha Khan impara la lezione ma reinterpreta tutto a modo suo, evidenziando una crescita musicale vertiginosa e stupefacente, cosa che ovviamente si manifesta anche nella natura stessa delle canzoni: al consueto, semplice dream pop questa volta si affiancano pezzi di cantautorato di tutto rispetto, maturi e potenti. Insomma, al momento del suo ritorno, Bat for Lashes riesce pienamente ad allontanare ogni dubbio e, al contrario, a confermarsi sempre più come un nuovo, grande talento.