- Joey Cape - voce, chitarra
- Thom Flowers - chitarra
- Marko De Santis - basso
- Derrick Plourde - batteria
- Augus Cooke - chitarra, violoncello, voce
- Todd Capps - pianoforte, tastiere
- Jonathan Cox - sintetizzatore
1. These Days (04:17)
2. Clear Cutting (01:40)
3. Single (03:01)
4. Break Your Frame (03:20)
5. Disarm (04:26)
6. Not a Dull Moment (02:36)
7. You Deserve This (03:05)
8. If I Had a Son (03:52)
9. Solar Sister (03:18)
10. Off the Wagon (03:09)
11. Another Dead Romance (03:29)
12. Killers and Liars (03:04)
13. Our Greatest Year (03:44)
14. The Passenger (04:03)
Houston: We Have a Drinking Problem
Il cattivo astronauta è atterrato. Houston: We Have A Drinking Problem è il primo vero disco per la band di Joey Cape, già all'opera con i pluridecorati Lagwagon. Prima fatica, dopo l'EP fatto uscire sempre sotto Honest Don's nel 2001 (Acrophobe, il titolo), primo vero successo per questa combo di ben sette elementi. Altrettanto composito e variopinto è il suono dei Bad Astronaut, che spiazzano di continuo l'ascoltatore attento e desideroso di capirci qualcosa, in un groviglio di suoni che si rincorrono tra calvate Punk e momenti di tardo Hardcore con meravigliosi momenti di chiara ispirazione Indie Rock. E' un suono per così dire stratificato, quello di Cape e compagni, che strizzano l'occhiolino alla telecamera fissa e posizionata all'angolo della loro saletta che immaginiamo piccola e dall'aria irrespirabile.
La loro musica è così come esce dagli amplificatori. C'è l'attimo in cui ci sembra di doverci alzare e saltare senza più alcun controllo, quello successivo è invece un colpo a effetto, con una chitarra acustica o un pianoforte pronti a regalarci qualche delicato arpeggio. Dall'EP precedente gli ingredienti si sono fatti più ricercati. Non c'è più quello spirito un pò grezzo della prova d'esordio, ma non per questo i Bad Astronaut si dimostrano meno efficaci o meno brillanti.
Ci sorprende la doppietta Disarm/Not A Dull Moment. Quale immagine più bella ed incisiva di questa potremmo citare come emblema di Houston: We Have A Drinking Problem? Nessuna, appunto. Si parte con le bizzarre cavalcate della quinta traccia del disco, in un continuo impazzire di chitarre distorte e la voce di Cape (in stato di grazia, lo ammettiamo), per giungere all'acustica della successiva. Non è finita, perché il canovaccio torna ad essere quello che in fin dei conti contraddistingue l'intera prima parte del disco. Ritornano le chitarre elettriche, ma in una salsa fresca e vivace fatta di tre accordi, forse quattro, suonati all'impazzati secondo canoni di Punk Rock ormai dimenticato.
Non sono pacchiani, i Bad Astronaut. Questo basterebbe a rendere loro onore per una prova musicale di tutto rispetto, ma la band americana compie il passo decisivo quando ci si appresta al giro di boa del full-lenght. C'è You Deserve This a farci sobbalzare; non mancano la grinta e gli innesti di pianoforte in Solar Sister. Ci ritroviamo, quindi, nell'atmosfera ruvida e poco "educata" di Off the Wagon, un tutt'uno con Another Dead Romance con un finale da brivido, che inizia a far chiudere il sipario su Houston: We Have A Drinking Problem. Anzi no, perché c'è ancora spazio per qualche ballata più densa e melodica, oppure per Our Greatest Year, che si presenta come un salotto in disordine all'indomani di una festicciola tra amici, con un epilogo che non t'aspetti. Alla fine dei conti, però, sono proprio i sette ragazzi dell'astronauta cattivo a stupirci. E' la loro musica, nella sua peculiarità e negli orizzonti che riesce a toccare, a farci premere di nuovo il tasto d'avvio. Possono non piacere, i Bad Astronaut, ma potrebbe sortire (perché no?) l'effetto contrario. Insomma, ascoltandoli correrete il rischio d'innamorarvene. Garantito.