Voto: 
5.0 / 10
Autore: 
Paolo Bellipanni
Genere: 
Etichetta: 
Warp Records
Anno: 
2008
Line-Up: 

Sean Booth, Rob Brown - Tutte le musiche

Tracklist: 

1. Altibzz
2. The Plc
3. IO
4. plyPhon
5. Perlence
6. SonDEremawe
7. Simmm
8. paralel Suns
9. Steels
10. Tankakern
11. rale
12. Fol3
13. fwzE
14. 90101-5|-|
15. bnc Castl
16. Theswere
17. WNSN
18. chenc9
19. Notwo
20. Outh9X

Autechre

Quaristice

Sean Booth e Rob Brown sono due personaggi senza i quali la musica elettronica contemporanea non avrebbe la fortuna che oggi avidamente possiede. Questo è dovuto a molti fattori, tra cui il fatto di aver rivoluzionato i sistemi compositivi ed esecutivi della musica "tecnologica" e di aver perfettamente inteso e approfondito l'enigma lanciato trent'anni fa da quella che era la Germania tutta computer e sintetizzatori. In poche parole, Incunabula, ovvero il capolavoro del 1993 che porta la firma dei due ragazzoni prima citati, più conosciuti sotto il monicker Autechre. Ne è passato di tempo da quell'anno, e le conseguenze si fanno inevitabilmente sentire per uno dei più importanti act elettronici moderni, che va ad aggiungere ad una già abbastanza elevata pila di dischi evitabili un altro lavoro misero e deludente: Quaristice segna infatti l'aridità e la secchezza compositiva del duo britannico (ormai giunto a nove pubblicazioni) che già con Draft 7.30 (2003) e Untilted (2005) aveva scombussolato le aspettative di fan e critica, presentando due dischi giudicabili semplicemente come simulacri del glorioso passato del combo inglese.

In fondo Quaristice è questo e null'altro. Non si tratta di un disco propriamente brutto o inascoltabile perchè gli Autechre, e sarebbe un'eresia affermare il contrario, ci sanno fare come sempre, avvolgono e attirano con l'inscindibile flusso ritmico-atmosferico della propria musica, ma non si evolvono, rimangono ancorati a concetti, stili e schemi compositivi che oggi potrebbero addirittura essere definiti "tradizionali".
Il modo di disporre samples, parti di synth e ritmiche di drum machine è rimasto infatti lo stesso, la vena creativa lentamente è appassita e le canzoni (che in questo disco sono l'esagerazione di 20!!!) si susseguono pesantemente l'una dopo l'altra secondo una logica disorientante e spesso dettata dal nonsenso. Dalla noiosa apertura di Altibizz e i toni da robot schizofrenico di IO, fino a quelli più grotteschi ma spesso snervanti di Perlence o ancora ai dispersivi barocchismi effettistici di bnc Castl, il senso e il gusto compositivo di Booth e Brown si smarrisce in stantie rivisitazioni stilistiche che sanno tanto di plagio; un plagio, questo, che necessariamente si riconduce alla mancanza di idee di cui il disco è permeato e che finisce così per diventare il suo fragile tallone d'achille.
Spesso e volentieri infatti gli Autechre si perdono in mal riuscite citazioni di Aphex Twin e Boards of Canada, come sottolineano ad esempio The Plc, i fantasmagorici toni della vuota WNSN e l'altalenante 90101-5l-l, dimostrando di essere rimasti troppo legati alle concezioni musicali del post-Incunabula , ovvero di uno stile vario e ricercato, percussivo ed evocativo, ma che, se troppo abusato, scade nella ripetizione e nell'atmosfera noiosa, producendo quel senso di "già sentito" tranquillamente percepibile negli ultimi lavori del combo di Manchester.
Inutile procedere da canzone a canzone per analizzare Quaristice in tutti quei suoi aspetti che tra l'altro si riconducono senza sforzo allo scarno registro compositivo che è alla base del disco: un'emulazione delle discese atmosferiche tra il glitch più sfrenato, techno, breakcore e riferimenti ambient che risulta alla fine stancante e senza un fine preciso, prevedibile e ancor di più controproducente. Sebbene comunque nel disco non manchino momenti di più elevata ipnosi emotiva e atmosferica (l'avvolgente Tankakern si distingue proprio per questo) gli Autechre dovrebbero incominciare a riflettere su quanto ancora un gruppo storico come loro può dare alla musica perchè, stando alle produzioni di questo periodo, ci sarebbe, almeno un minimo, da vergognarsi.

Abbiamo visto in molti casi come l'elettronica necessiti di cambiamenti ed evoluzioni non tanto stilistiche, quanto prettamente concettuali, perchè ciò che va cambiato è il modo di approcciarsi e l'attitudine con la quale si vuole comporre una musica come questa che inevitabilmente, anche se in scala minore rispetto ad altri generi, risente di tali mancate innovazioni.
Lo si dice a malincuore, questo è certo, ma è necessario: l'era di Sean Booth e Rob Brown è finita (anche se in verità era caduta in rovina da tempo) e in fondo dispiace ed è quasi straziante vedere uno dei nomi storici dell'elettronica europea mettersi a quattro zampe e toccare livelli musicali così bassi. Noi non possiamo farci nulla, come del resto la Warp che con la sua perenne fiducia si è trasformata nel loro nido protettivo. Gli unici che possono farci qualcosa sono quei due signori inglesi quasi sulla quarantina, i diretti interessati: sta a loro decidere se andare penosamente avanti fino a che i loro cervelli andranno definitivamente in pensione, o se fermarsi, riflettere sul baratro a cui ci si stava avvicinando, e ammettere la sconfitta che un pò tutto il mondo, all'unisono, ha decretato sul loro conto.


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