- Nils Patrik Johansson - voce
- Joachim Nordlund - chitarra
- Martin Haglund - chitarra
- Mika Itäranta - basso
- Johan Lindstedt - batteria
- Jocke Roberg - tastiere
1. EVP (03:25)
2. Black Rain (04:27)
3. London Caves (03:31)
4. From Satan With Love (03:31)
5. Fire In Our House (03:30)
6. Israel (05:01)
7. Raiders Of The Ark (03:20)
8. Tears From A Titan (04:48)
9. Oliver Twist (03:48)
10. Vendetta (03:37)
11. The Green Mile (04:16)
12. In Rock We Trust (03:58)
13. Apocalypse Revealed (07:40)
Astralism
Ci sono voluti ben cinque mesi per partorire questo full length, terzo tassello nella carriera degli Astral Doors. Proprio così, la band svedese, come scrive sul proprio sito ufficiale, ha letteralmente gettato via le chiavi dello studio di registrazione per concentrarsi il più possibile su quello che poi è stato chiamato Astralism. In realtà il titolo dell’album è stato scelto ancor prima dell’incisione delle canzoni, cosa piuttosto singolare nel panorama Metal. Strano iniziare a lavorare su del materiale in questo modo, certo che se ad aiutarti c’è il solito Peter Tägtgren il problema in fin dei conti neanche si pone. Di questi tempi quasi tutto ciò che tocca il cantante degli Hypocrysy diventa oro e già il fatto che Peter abbia deciso di lavorare con gli Astral Doors rappresenta una discreta garanzia. La band svedese ha perciò tutte le carte in regola per realizzare un ottimo disco, ma è l’impatto con la critica ed il pubblico che conta. A marzo 2006 scatta quindi la resa dei conti con l’inevitabile verdetto finale.
Si parte con EVP. L’impatto sonoro è impressionante: chitarre affilate e doppia cassa martellante. Il ritmo è tirato e viene attenuato soltanto durante alcuni passaggi. Il timbro vocale di Nils Patrik Johansson, anche singer dei Lion's Share, Space Odyssey e Wuthering Heights, non è assolutamente peculiare, tuttavia, essendo graffiante ed impetuoso allo stesso tempo, ben si adatta alla proposta musicale della band. L’opener dura appena tre minuti e venti secondi ma in essa si riassumono essenzialmente le caratteristiche principali dell’intero album. Black Rain, tipico brano Heavy cadenzato, vanta un intro acustica ed un refrain orecchiabile che lo rendono particolarmente godibile. Lodon Caves pur risultando poco articolata si dimostra un’ottima hit: breve, melodica e di facile memorizzazione. Il ritornello, infatti, si stampa nella mente già dai primi ascolti, proprio come accadrà per la maggior parte delle tracce di Astralism. From Satan With Love presenta un riffing iniziale pesantissimo, così come la seguente Fire In Hour House, la quale però viaggia a velocità ritmiche nettamente superiori. Gli assoli appaiono fin da subito ordinari, ma di certo rendono i brani un pizzico più interessanti. Israel esordisce con un chorus solenne per poi proseguire contraddistinta da un incedere epico. Modesto spazio viene dato anche alle tastiere, tuttavia la song non pare all’altezza delle precedenti. Ciò evidenzia le difficoltà da parte degli Astral Doors di uscire dai canoni dell’Heavy più classico per proporre qualcosa di maggiormente originale.
Con Raiders Of The Ark torna il Metal tradizionale e difatti i risultati si vedono. La settima track di Astralism può essere tranquillamente equiparata a pezzi ben riusciti come Black Rain o London Caves. Gli Astral Doors ci riprovano e con Tears From A Titan ripropongono sonorità alquanto insolite. L’esordio di tastiere purtroppo non convince fino in fondo, come d’altronde il resto della composizione. Grande prova comunque di Johansson, il quale a tratti ricorda fortemente il leggendario Ronnie James Dio, senza dubbio un vocalist a cui il buon Nils da sempre si ispira. Oliver Twist registra un leggero calo nelle idee del complesso di Borlänge, che immediatamente si riprende grazie all’efficace Vendetta, dotata oltretutto di un assolo davvero splendido. Le componenti melodiche accrescono in The Green Mile, specialmente per via dell’uso delle tastiere. La canzone, cui principale punto debole è stavolta il ritornello, alterna momenti piuttosto trascurabili a passaggi decisamente più trascinanti, proponendo sempre comunque un ordinario sound prettamente Heavy. Purtroppo In Rock We Trust pecca di ripetitività eccessiva e finisce ben presto con l’annoiare l’ascoltatore. A chiudere il platter infine Apocalypse Revealed. Il capitolo conclusivo di Astralism si articola, durante i suoi sette minuti, fra parti dinamiche, altre cadenzate, assoli, cori e passaggi delicati, ponendo la parola fine all’album in modo più che soddisfacente.
Cosa si può dire riguardo all’ultima fatica degli Astral Doors? Innanzitutto piacerà agli appassionati più accaniti di Heavy Metal anni ottanta e poi non tradirà le aspettative dei fan del complesso svedese. Tutti gli altri, a patto che non siano troppo esigenti, potranno in ogni caso apprezzare un album come Astralism. Nulla di nuovo, chiaro, ma quando qualità e potenza sono tali è concesso anche chiudere un occhio a riguardo.