- Mircea - voce, chitarra, synth, elettronica.
- Vito Laterza - basso
- Francesco Paonessa - batteria, drum machines
1. Brainflush
2. Emptiness
3. Room 453
4. The Ultimate Display
Suspension Of Disbelief
Band bolognese attiva da più di dieci anni nella scena underground, gli Artifex sono un gruppo che stupisce, per la pretenziosità, la serietà e la cura per i particolari di tale progetto, che li collocano agli antipodi di tutti quei gruppi che, inseritisi in una determinata scena, ricalcano per anni gli stilemi delle band più famose.
Seguendo la scia di band sperimentali come i Tool, infatti, gli Artifex creano una miscela sonora che attinge da diversi generi moderni, dalle campionature industrial dei Nine Inch Nails ai ritmi contorti degli A Perfect Circle, per arrivare a sfuriate accattivanti e moderne che rimandano alla scena crossover di band come i Deftones; la band rispolvera inoltre il vecchio progressive rock, che viene rielaborato in chiave moderna inserendo tempi dispari complessi e contorti assoli di synth, che ben lungi dal risultare fini a loro stessi catturano l’ascoltatore in un vortice sonoro.
La struttura dei brani è piuttosto canonica, ma soprattutto nelle strofe è evidente il grande lavoro svolto dalla band, che avvolge l’ascoltatore con atmosfere di tastiere e campionamenti elettronici che costruiscono un mood claustrobico, per poi sfociare in un ritornello catchy e melodico ma mai troppo scontato; anche la voce del singer Mircea si mantiene molto nella parte, con un tono distaccato che spazia dall’alternative al post-core, narrando un universo quasi psichedelico che affronta temi come il trip da LSD, la reincarnazione e la schiavitù dell’uomo nei confronti della tecnologia. Unica critica che si può muovere alla band, questa ricerca di un sound molto sperimentale, moderno e freddo, va in certi momenti a scapito dell’espressività, e gli Artifex non riescono a catturare completamente, a livello emotivo, nel loro universo contorto; i quattro brani proposti sono comunque molto validi, in particolar modo la conclusiva The Ultimate Display, in cui un sound disteso ed elettronico è alternato a sezioni veloci e complesse che possono ricordare i ritmi folli e schizofrenici dei Mastodon.
Che dire dunque, sicuramente un’ottima sorpresa per la scena musicale italiana che di certo ha bisogno di band originali come gli Artifex: professionali, eclettici, con molto talento e grandi potenzialità, se sapranno mettere insieme un’altra manciata di pezzi di questo livello giungeranno sicuramente ad un full lenght molto valido, personale ed innovativo