Voto: 
8.0 / 10
Autore: 
Iacopo Fonte
Genere: 
Etichetta: 
Prophecy Productions/Audioglob
Anno: 
2003
Line-Up: 

- Mick Moss - voce (1,2,3,5,6), chitarra acustica
- Hayley Windson - voce (1,2,3)
- Michelle Pichfield - voce (4,5,7)
- Duncan Patterson - basso, voce (1)
- Jamie Cavanagh and Antimatter - percussioni


Tracklist: 

1. Lights Out
2. Everything you Know is Wrong
3. The Art of a Soft Landing
4. Expire
5. In Stone
6. Reality Clash
7. Dream
8. Terminal

Antimatter

Lights Out

Sirene da scenario bellico apocalittico preannunciano un’atmosfera tesa e densa di emozioni, sussulti. Voci che si perdono tra soffocate note di keyboard e una drammatica chitarra acustica che emerge dal nulla. Ecco gli Antimatter con il loro secondo album, Lights Out.
Black Lies failing”. Come le menzogne anche le note cadono sotto forma di pioggia rallentata e pesante, che colpisce in profondità l’ascoltatore. Elemento basilare del full-length è sicuramente la componente elettronica sperimentale, di cui l’artefice è Duncan Patterson, nonché membro fondatore della band. Suoni da metropoli, da ospedale, da strada, effetti acidi e un sound in certi punti fastidioso. A tratti è un lavoro che rimanda a filoni musicali decisamente più alternativi, che basano il loro stile su synth e keyboard. La fusione tra la matrice elettronica e quella acustica è qui molto ben congeniata ed equilibrata.

I quattro minuti del primo brano, guarda caso la title-track, introduce con violenza, come è stato anticipato, il sound degli Antimatter. Proseguendo l’ascolto la seconda track, Everything you Know is Wrong, prosegue i toni pacati, rilassati del primo brano e insieme sicuramente si presentano come i pezzi migliori. In questa song emerge già una caratteristica tematica della band decisamente importante. La bellissima voce di Moss si rivolge spesso infatti a un Tu con il quale apre un dialogo sulla vita, sulla condizione dell’uomo tra l’uomo. Dal punto di vista stilistico è notevole la parte finale con un’uscita in grande stile, che va a ritrovare suoni orbitanti da Pink Floyd, anche se decisamente più deprimenti.

The Art of a Soft Landing introduce il vocal femminile di Hayley Windson. Percussioni da batticuore accompagnano con un andamento cardiaco le dolci parole “I’ve touched my dreams, but still I bleed”. Il riffing si mescola improvvisamente dopo una parte evasiva di guitar a una voce gridante, quasi impazzita, che rimette tutto a tacere. Ai Sun Studios di Dublino la band cura ogni aspetto. I suoni sono in certi passaggi addirittura tanto evocativi da poter essere assimilati a soluzioni ambient, tenute sotto rigido controllo, per rendere gli Antimatter una realtà ancora più sfumata e preziosa.
A testimonianza di certi aspetti acidi e misteriosi dell’album, si ha Expire, che per gli amanti degli Ulver di Perdition City può significare una scoperta davvero significativa e apprezzabile. La sesta track poi, In Stone, recupera i toni underground di Everything you Know is Wrong. Un pattern molto soffice e rilassante di tastiera insieme alla voce bassa di Moss creano un’atmosfera da mare, da camminata in solitudine sulle rive dell’oceano, con un andamento ritmico fluttuante come a rendere l’idea delle onde sulle sponde. Ed è in questa track e nella successiva Reality Clash che si percepisce un uso più imponente di basso che insieme a suoni stornanti di chitarra scandisce tempi e pensieri, fino a un piccolo e onirico fraseggio di piano finale.

Breaking away from broken days of shame and illusions”. Dream poi, settima song, è interpretata dalla emozionante voce di Michelle Richfield che carica di sentimento in modo però meno prezioso e delicato della Windson. Il sound ricorda situazioni care ai Massive Attack di Mezzanine; è molto suggestiva poi la svolta finale che si sviluppa in modo maestoso, evanescente e spinge all’evasione da una realtà di vergogna e illusioni. Luccicante sorge infine dalle ceneri del precedente brano Terminal. E’ una track strumentale molto introspettiva che crea un attimo di pausa anche dalla lunga tirata di parole, riflessioni, rimorsi, che abbiamo sentito fino ad ora. Si apre come uno scenario da quiete dopo la tempesta, carico di drammaticità e speranza, insomma di vita, per i suoi innumerevoli contrasti. Gli Antimatter sono questo in definitiva. Hanno il dono di trasportare in musica sensazioni che per molte persone sono difficili da esprimere anche solo a parole. In questo modo ognuno ritrova, in ognuna delle track della formazione di Patterson e Moss, un po’ della propria esperienza, del proprio vissuto. Così si chiude questo secondo capitolo, per la band.

Lights Out è un full-length molto ricco di sfumature. Dopo l’ascolto dell’album perfino l’artwork esprime, nella sua semplicità enigmatica, la complessità strutturale della band. Sono racchiusi in quasi cinquanta minuti un condensato di contrasti, passioni, timori. La squadra inglese/irlandese riscuote un grande e meritato successo per quest’opera grazie ad esempio ai suoi intro evocativi e alla dinamicità che caratterizza ogni track.

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