:
- Mick Moss – voce, chitarre, tastiera, piano
- Danny Cavanagh – chitarra acustica, piano, sintetizzatore
- Ste Hughes – basso
- Chris Philips – batteria
- Rachel Brewster – violino
- Gavin Attard – sintetizzatore
:
1. Redemption
2. Another Face In A Window
3. Ghosts
4. The Freak Show
5. Landlocked
6. Conspire
7. Leaving Eden
8. The Immaculate Misconception
9. Fighting For A Lost Cause
Leaving Eden
Il ritorno degli Antimatter e la realizzazione del loro quarto lavoro di lunga durata avviene all’insegna di una partenza importante; Duncan Patterson infatti è il grande assente di questo nuovo appuntamento-viaggio antimatteriano che conserva tutte le peculiarità e i pregi della sezione inglese di Planetary Confinement, privo però di quel savoir faire tipico della seconda parte del precedente full-lenght – quella capeggiata da Patterson -.
Abituati dunque alle atmosfere più delicate e strappa-lacrime, ottenute in buona parte grazie al sublime contrasto vocale tra Moss e Amelie Festa, si risolvono in Leaving Eden in un grande monologo tutto al maschile, con un Moss che monopolizza la scena. Oggi il progetto assume sempre più la forma di one-man band, ampliata dalla presenza di session musicans, tra i quali spicca sicuramente Danny Cavanagh, eminente rappresentante dei compatrioti Anathema. Le nove tracce che contribuiscono a una durata complessiva di quasi cinquanta minuti sono dunque più monolitiche, rispetto ai precedenti lavori, approfondendo le qualità vocali e, più in generale, espressive di Mick Moss.
Di qui, apprestandosi all’ascolto, si può godere immediatamente della solita atmosfera gothic rock, che ha reso celebre il sound della band in tutto il mondo, in Redemption o nei giri di tastiera di Another Face In A Window, non priva di riferimenti all’elettronica sperimentale e psichedelica dei Pink Floyd. Altri sprazzi dell’antico genio – giustamente sottolineati da una frase dell’ultima Fighting For A Lost Cause: “Some Things Never Change” – si trovano nella riflessiva e profonda Landlocked, dall’andamento cadenzato e lento, come una marcia funebre (tutti degli abituès del moniker Antimatter) o in The Immaculate Misconception, che si sviluppa sulla tematica assai cara alla band, di purezza, purificazione e colpa.
Come scrosci a cascata, i riff di chitarra acustica – resi magistralmente dall’esperienza sul campo di uno dei tre fratelli Cavanagh (si può notare la sua influenza proprio nel brano sopraccitato, per una somiglianza del tessuto armonico con Forgotten Hopes [Judgement – 2000]) – si succedono lenti ed inesorabili come a voler sottolineare ciascuno un concetto. La magia degli Antimatter è insomma sempre la stessa, anche se si sente davvero la mancanza della varietà di Planetary Confinement, il quale si era fatto acclamare, all’unisono da critica e pubblico, come capolavoro. Da qui l’impresa di superarlo si rivela impossibile e probabilmente Moss, ben consapevole dell’inevitabile confronto con il suo precedente lavoro, ha optato per questo differente canovaccio (più spunti di chitarra elettrica e un solo sviluppo di violino in Fighting For A Lost Cause). L’opera è sicuramente ben riuscita, in quanto il livello dell’artista inglese è indiscutibile, ma difficilmente sostituirà Planetary Confinement dal suo inamovibile posto nello stereo.